Occhio bionico, in diretta mondiale
Medici collegati via internet con Careggi. Una donna che non
vede da 50 anni ora torna a sperare.
FIRENZE. Aveva 15 anni la signora B. quando una gravissima
forma di retinite pigmentosa l'ha resa non vedente. Il buio totale è durato
quasi cinquant'anni, ora all'età di 62 anni un microchip impiantato sulla
retina dell'occhio destro e collegato ad una piccola telecamera su occhiali
speciali potrà consentirle di vedere le sagome dei propri cari, le forme
rudimentali degli oggetti, muoversi finalmente riconoscendo e soprattutto
evitando gli ostacoli anche se tutto in bianco e nero. «Per noi può sembrare poco,
ma per chi da anni non ha che il buio davanti a sé non è solo restituirgli
parte della vista, ma è come restituirgli la vita», spiega il dottor Stanislao
Rizzo, il primario di Oculistica di Careggi che ieri mattina in diretta
streaming per consentire agli specialisti di tutto il mondo di assistere alle
fasi di impianto del microchip ha effettuato l'intervento durato poco più di
un'ora, 85 minuti. «Careggi è l'unico ospedale in Italia a poter disporre di
tale tecnologia ed uno dei cinque in Europa spiegano dal policlinico ed è per
questo motivo che è stato scelto di diffondere in diretta l'intervento, in
considerazione del grande interesse della comunità scientifica internazionale».
Rizzo ha già operato tredici persone, il primo intervento (al mondo) risale ad
ottobre del 2011 al Cisanello di Pisa, da dove la direttrice di Careggi Monica
Calamai ha strappato il noto chirurgo alcuni mesi fa: «I pazienti stanno bene,
il sistema gli ha permesso di recuperare parzialmente la vista spiega Rizzo Non
potranno certo leggere il giornale, o vedere il colore degli occhi dei propri
figli, ma il fatto che a tutte queste persone l'intervento abbia cambiato la
vita è qualcosa che ancora mi mette i brividi, considerando poi che con gli
anni potranno avere delle immagini sempre più nitide». Forse molto presto
arriveranno i colori, triplicheranno i pixel, ma soprattutto nessuno può oggi
immaginare cos'altro ancora scienza e ricerca potranno dare a questo sistema
che una volta impiantato può soltanto migliorarsi. L'occhio bionico è una
retina artificiale che sostituisce quella naturale distrutta dalla retinite
pigmentosa, una malattia che danneggia le cellule della retina (i
fotorecettori) che trasmettono le immagini con impulsi elettrici al cervello. I
sessanta pixel del microchip non fanno altro che sostituire i fotorecettori e
dunque ricevono lo stimolo luminoso dalla telecamera sugli occhiali e lo
trasmettono, come impulso elettrico, al cervello. Sono milioni i fotorecettori
sulla retina, e questo spiega perché con l'aumento dei pixel attraverso nuovi
software in arrivo si potrà sempre di più migliorare la vista ai pazienti con
l'occhio bionico: «Oggi tramite il computerino che portano sulla cintura
possono anche aumentare o diminuire la luminosità, utilizzare lo zoom, proprio
come se stessero gestendo una telecamera spiega Rizzo Sono fiducioso che con i
software in arrivo presto potranno vedere anche i colori e magari leggere sul
computer parole naturalmente con lettere grandi». Ieri con Rizzo in sala
operatoria c'erano i chirurghi Caporossi e Cinelli, gli infermieri guidati
dalla coordinatrice Turrisi e gli anestetisti capitanati dalla dottoressa
Adembri. Un centinaio le operazioni svolte in tutti i Paesi che hanno
riguardato solo persone non vedenti a causa della retinite pigmentosa: «Sarebbe
inutile intervenire su pazienti con un residuo campo visivo aggiunge Rizzo Ma
stiamo studiando il modo per avviare interventi sulle altre patologie che
rendono le persone non vedenti». L'unica cosa impossibile ad oggi sembra
soltanto quella di dare la speranza di vedere a chi è cieco dalla nascita: «Il
punto è che l'area della visione nel cervello si forma da 0 a 6 anni, riceve
informazioni utili per svilupparsi: senza di queste è come voler registrare
qualcosa senza un registratore conclude Rizzo Ma la scienza ci insegna che non
bisogna mai dire mai ».
di Gaetano Cervone
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