lunedì 22 dicembre 2014

occhio bionico, in diretta mondiale

Occhio bionico, in diretta mondiale

Medici collegati via internet con Careggi. Una donna che non vede da 50 anni ora torna a sperare.

FIRENZE. Aveva 15 anni la signora B. quando una gravissima forma di retinite pigmentosa l'ha resa non vedente. Il buio totale è durato quasi cinquant'anni, ora all'età di 62 anni un microchip impiantato sulla retina dell'occhio destro e collegato ad una piccola telecamera su occhiali speciali potrà consentirle di vedere le sagome dei propri cari, le forme rudimentali degli oggetti, muoversi finalmente riconoscendo e soprattutto evitando gli ostacoli anche se tutto in bianco e nero. «Per noi può sembrare poco, ma per chi da anni non ha che il buio davanti a sé non è solo restituirgli parte della vista, ma è come restituirgli la vita», spiega il dottor Stanislao Rizzo, il primario di Oculistica di Careggi che ieri mattina in diretta streaming per consentire agli specialisti di tutto il mondo di assistere alle fasi di impianto del microchip ha effettuato l'intervento durato poco più di un'ora, 85 minuti. «Careggi è l'unico ospedale in Italia a poter disporre di tale tecnologia ed uno dei cinque in Europa spiegano dal policlinico ed è per questo motivo che è stato scelto di diffondere in diretta l'intervento, in considerazione del grande interesse della comunità scientifica internazionale». Rizzo ha già operato tredici persone, il primo intervento (al mondo) risale ad ottobre del 2011 al Cisanello di Pisa, da dove la direttrice di Careggi Monica Calamai ha strappato il noto chirurgo alcuni mesi fa: «I pazienti stanno bene, il sistema gli ha permesso di recuperare parzialmente la vista spiega Rizzo Non potranno certo leggere il giornale, o vedere il colore degli occhi dei propri figli, ma il fatto che a tutte queste persone l'intervento abbia cambiato la vita è qualcosa che ancora mi mette i brividi, considerando poi che con gli anni potranno avere delle immagini sempre più nitide». Forse molto presto arriveranno i colori, triplicheranno i pixel, ma soprattutto nessuno può oggi immaginare cos'altro ancora scienza e ricerca potranno dare a questo sistema che una volta impiantato può soltanto migliorarsi. L'occhio bionico è una retina artificiale che sostituisce quella naturale distrutta dalla retinite pigmentosa, una malattia che danneggia le cellule della retina (i fotorecettori) che trasmettono le immagini con impulsi elettrici al cervello. I sessanta pixel del microchip non fanno altro che sostituire i fotorecettori e dunque ricevono lo stimolo luminoso dalla telecamera sugli occhiali e lo trasmettono, come impulso elettrico, al cervello. Sono milioni i fotorecettori sulla retina, e questo spiega perché con l'aumento dei pixel attraverso nuovi software in arrivo si potrà sempre di più migliorare la vista ai pazienti con l'occhio bionico: «Oggi tramite il computerino che portano sulla cintura possono anche aumentare o diminuire la luminosità, utilizzare lo zoom, proprio come se stessero gestendo una telecamera spiega Rizzo Sono fiducioso che con i software in arrivo presto potranno vedere anche i colori e magari leggere sul computer parole naturalmente con lettere grandi». Ieri con Rizzo in sala operatoria c'erano i chirurghi Caporossi e Cinelli, gli infermieri guidati dalla coordinatrice Turrisi e gli anestetisti capitanati dalla dottoressa Adembri. Un centinaio le operazioni svolte in tutti i Paesi che hanno riguardato solo persone non vedenti a causa della retinite pigmentosa: «Sarebbe inutile intervenire su pazienti con un residuo campo visivo aggiunge Rizzo Ma stiamo studiando il modo per avviare interventi sulle altre patologie che rendono le persone non vedenti». L'unica cosa impossibile ad oggi sembra soltanto quella di dare la speranza di vedere a chi è cieco dalla nascita: «Il punto è che l'area della visione nel cervello si forma da 0 a 6 anni, riceve informazioni utili per svilupparsi: senza di queste è come voler registrare qualcosa senza un registratore conclude Rizzo Ma la scienza ci insegna che non bisogna mai dire mai ».


di Gaetano Cervone

sabato 20 dicembre 2014

bambina



Cos'è questa cosa che gira e che di colori sbeffeggia il mondo,
dall'alto dei suoi anni ha già capito tutto, dall'alto dei suoi anni ti giudica e afferma
"VOGLIO QUESTO"
cos'è questa cosa che saltella sempre,
che nonostante il freddo attorno continua a danzare,
che nonostante il tuo sguardo amorfo la tua disperazione continua a sognare,
che sputa in faccia al nichilismo e ti colora la morta di rosa.
Cos'è questo continuo respirare, questa curiosità di conoscere e imparare,
questo rumore come un canto su note di universi oltre i confini di una mente stretta
e adulta...
cos'è che mi costringe a vivere oltre l'aria necessaria
oltre i tuoi occhi che sanno d'estate
oltre i nostri limiti

lunedì 15 dicembre 2014

LA GIORNATA DI IERI A SCIACCA


Ecco a voi la giornata di ieri a Sciacca. Perché io sono così: forse sono spesso animosa, faccio le cose di pancia, vado per intuizioni, e se credo in qualcosa parto e faccio di tutto perché questo qualcosa si concretizzi, anche  se sembra “impassabile” come avrebbe detto la porta di Alice nel paese delle meraviglie. E così ieri finalmente ci siamo incontrati. Non eravamo in molti ma solo per motivi contingenti, perché molte persone che non erano presenti non potevano proprio esserci. Daniela perché doveva accompagnare il figlio di 8 anni a fare delle gare di arti marziali e alla fine ho saputo che è arrivato primo a livello nazionale: BRAVISSIMO!!! E tanti altri che stavano davvero lontano. La prossima volta troveremo una zona più facilmente accessibile per tutti. La Sicilia sarà pure bellissima ma che desolazione se pensiamo alla mancanza di autostrade DEFINIBILI TALI. E quindi curve qua e curve là, segnali stradali opzionali, e chi più ne ha più ne metta. Ma alla fine siamo arrivati a destinazione.
Il nostro incontro oltre ad essere PRINCIPALMENTE un incontro amichevole, è stato in realtà una minuscola anteprima di ciò che avverrà a Marzo, ovvero la costituzione del gruppo operativo territoriale di Retina Italia in Sicilia. Quindi da oggi fino a Marzo farò del mio meglio perché questo esiguo gruppetto possa crescere e con esso possano crescere idee e progetti. Sono molto felice, a prescindere dai numeri, di avere incontrato QUESTE PERSONE QUI! Sono felice di aver conosciuto Magdalena, la moglie di Matteo, e il loro ometto Arnaldo, che quando siamo entrati al ristorante ha tenuto la porta aperta e ad ognuno che entrava ricordava “Non ci sono gradini e tutto piatto” e mi ha ricordato tanto la mia Nina e ho pensato che un incontro tra bimbi “alieni” sarebbe davvero auspicabile e forse costruttivo per loro. E tornando a Magdalena mi ha ricordato quanto fanno i nostri compagni e le nostre compagne per noi. Non è facile “conviverci”, immagino sia come vivere con una sorta di strano ritrovato bellico che potrebbe esplodere da un momento all’altro: ogni volta che sbattiamo ed è sempre colpa tua, ogni volta che non trovo una cosa (ed è sempre colpa della mamma), ogni volta che mi girano e non ho voglia di andare da qualche parte perché è buio (ma è comunque colpa tua) e molto altro ancora. Ho visto una donna forte e tenera allo stesso tempo, e mi ha commosso molto, e mi ha così ricordato che le persone che abbiamo accanto forse soffrono più di noi. Quindi un grazie speciale al mio compagno Stefano, che ha dovuto sopportare andata e ritorno (quasi 8 ore!!!!) non una ma due femmine retinopatiche che
“vai piano, vai su, vai giù, e qui non esci, e attento a quello e attento a quell’altro” e così ogni tanto accendeva RADIO24ORE a tutto volume, ma è già tanto che non ci abbia lanciate dal finestrino!
E poi grazie a chi non sapeva assolutamente nulla di noi ma ha deciso lo stesso di fare questa bella gita a Sciacca, con pernottamento e parlo di Stefania e del suo compagno Melo. Stefania è UNA RIVELAZIONE una persona che non riuscirei a descrivere mai e poi mai. DOVETE ASSOLUTAMENTE VEDERLA ALL’AZIONE!! Insomma, spero che presto si deciderà a farvi dono di un pezzo meraviglioso che ha scritto dedicandolo a noi, un po’ RP e anche tanto USHER, un po’ tragicomico, un po’ commovente! Stefania è davvero GRANDE ed io come mi succede spesso in questi casi non ho potuto fare a meno di INNAMORARMENE! Così è da ieri che non faccio altro che parlare di lei a chiunque…
E sono felice di aver percorso un tratto di strada insieme a Patrizia, scansando ben 3 pali, sfuggendo all’ansia di strisce bianche per terra simil gradini, e così uno ogni tanto si ricorda di poter benissimo riuscire a fare questo ed altro, seppur con molto impegno, sacrificio, anche un po’ di paura. Perché alla fine ce lo deve insegnare Salvina, che è la più piccola del gruppo (coetanea di Mariangela, anche se assente pure lei ventottenne) che comunque dobbiamo finirla di fare i Kamikatze e deciderci di utilizzare questo benedetto bastone bianco.
Ps. Salvina è bellissima e non posso fare a meno di pensarci e mi ha fatto sorridere molto questo suo senso della discrezione di fronte alla urla da “ciavole” emesse da più parti…
E poi penso spesso a Cinzia, la guerriera per eccellenza, che con ieri non si può dire quante ore di viaggio abbia fatto. Tra siracusa, catania, napoli e ritorno ed infine sciacca. Sono tanto felice che nonostante tutto, la sfacchinata e il fatto che stavi male sei venuta con noi!
C’è una frase molto bella che ho sentito tanto tempo fa quand’ero ancora piccola e non ricordo nemmeno chi fu a dirla, ma forse in un campeggio scout
“La fede è come l’influenza, non si insegna ma si contagia”
La stessa frase si può utilizzare per tutto il resto, io vorrei utilizzarla sostituendo alla parola fede, la parola ENTUSIASMO e voglia di creare qualcosa di importante per tutti noi. Vorrei poter essere contagiosa, vorrei poter unire all’entusiasmo tante altre cose di importanza non minore come la competenza, la serietà, il rispetto degli altri… e poi tutto il resto
Grazie TANTISSIME alla presidente di Retina Italia Assia Andrao che ha voluto spendere qualche minuto al telefono per noi, e al nostro amico consigliere Pasquale di Matto
E mentre ero in macchina mi telefona Stefano Greci, amico e collega consigliere, per raccontarmi dei suoi progetti in Toscana e sono stata davvero contenta per questo pensiero! E nel frattempo il mio compagno cercava disperatamente un auto grill ed è stato molto bello questo intreccio di mondi paralleli con uniche finalità, da Milano, alla Toscana, alla Puglia, fino a Sciacca, molto bella…. Ma quanta strada!!!

venerdì 12 dicembre 2014

un obbligo sociale e morale

ECCO COME TRASFORMARE UNA QUALSIASI CITTA' ITALIANA, IN UNA CITTA' CIVILE...
(Non siamo noi che siamo disabili, siete voi che vi credete normali)
SImona Caruso


"Edifici a misura di disabili" La campagna degli ingegneri

TRENTO. Entrare in una libreria, prelevare contanti da un bancomat, chiedere dei cioccolatini ai mercatini di Natale. Quante volte lo si fa senza pensarci troppo? Gesti abituali, di una quotidianità in cui non si fa caso a quanto sia elevata la pendenza da superare per comprare un libro, alla fruibilità limitata di uno sportello o alle casette decorate con i rami di abete troppo alte perché qualcuno ci possa notare. Sedere su una sedia a rotelle e spostarsi in città è complicato, e chi non la usa non lo sa. È per questo che l'Ordine degli ingegneri ha proposto, ieri, a una sessantina di giovani professionisti, di percorrere «Trento in carrozza», ovvero un chilometro su una sedia a rotelle per le vie del centro cittadino. Lungo un percorso normativamente corretto, ma che ha fatto capire ai partecipanti le difficoltà di spostarsi in carrozzina anche in una città come Trento, dove le leggi che impongono l'abbattimento delle barriere architettoniche vengono rispettate. Anche il presidente della Provincia Ugo Rossi, ieri mattina, ha intrapreso parte del percorso su una sedia a rotelle, insieme al vicesindaco del Comune di Trento Paolo Biasioli e ai presidenti degli Ordini Antonio Armani (ingegneri) e Alberto Winterle (architetti). «Si parla molto del recupero del patrimonio edilizio esistente da un punto di vista energetico e strutturale ha sottolineato Armani ma ritengo che un occhio di riguardo sia da porre anche alla tematica dell'adattabilità degli edifici per i disabili». La legge 13, del resto, a volte è vista semplicemente come un «obbligo burocratico», invece che «sociale e morale»: «Pensare alla fruibilità di una struttura dovrebbe essere il primo compito di un progettista» ha ricordato Winterle. La progettazione inclusiva è stata il tema centrale delle riflessioni e del workshop che architetti e ingegneri hanno portato avanti dopo il sopralluogo mattutino lungo via Santa Croce, via San Giovanni Bosco, il giardino Santa Chiara, il commissariato del governo: qui, ci spiegano, «al termine delle rampe di accesso alla struttura c'è un gradino: come è possibile entrare nell'edificio per un disabile?». Stare su una sedia a rotelle fa capire come anche le pendenze più semplici diventino faticose, come una strada con continui cambi di pavimentazione si trasformi in un ostacolo insormontabile, come il maltempo possa risultare un deterrente agli spostamenti. «Molti piccoli problemi si potrebbero già risolvere con poco ci dicono due giovani ingegneri Pensiamo a piccoli scalini e a raccordi di qualche centimetro ad esempio. Nel momento in cui si pensa a nuove strutture basterebbe davvero un piccolo sforzo progettuale in più per rendere le cose molto più semplici, o un'attenzione maggiore alla realizzazione dei lavori o alla manutenzione programmatica». La giornata di ieri, organizzata con la collaborazione della Fondazione Luigi Negrelli, Roulotte-Spazio che si muove- e Handycrea, è voluta essere una «prima potenziale mossa verso il fare proprio un modo diverso di pensare e progettare» come spiegano Roberta Re, ingegnera e Chiara Dallaserra, architetta. «Oltre alle difficoltà fisiche di superare rampe e fare lunghi percorsi, c'è anche un aspetto relazionale da tenere in considerazione ha spiegato Re durante il sopralluogo all'interno del teatro Auditorium Santa Chiara Avere in un teatro, come quello di Pergine ad esempio, dei posti sbarrierati accanto agli altri sedili è importante. Poter disporre di uno spazio in cui la relazione è supportata aiuta molto la vita del disabile».


di Erica Ferro

Ascolta o leggi: collana di libri per ipovedenti e dislessici

"Ascolta o leggi": collana di libri per ipovedenti e dislessici

Prendere in mano un libro e sfogliarlo è un passatempo piacevole, addirittura rilassante, ma ci sono molte persone che, a causa di problemi di vista o disturbi nell'apprendimento, fanno fatica a leggere. Basti pensare agli anziani o ai dislessici: per loro l'approccio alla parola scritta è una sfida impari. È proprio pensando a questi individui che la cooperativa Senza Barriere di Scurelle ha avviato il progetto editoriale «Ascolta o leggi». Con l'aiuto dell'Istituto Pavoniano Artigianelli per le arti grafiche è stata ideata una collana di libri con caratteristiche che agevolano la lettura, ognuno dotato del rispettivo audiolibro.

L'iniziativa, per la sua unicità in Italia, è stata finanziata anche dal ministero per i beni e le attività culturali. Gli studenti delle superiori nel 2009 hanno cominciato un percorso di ricerca per identificare gli ostacoli che impediscono a ipovedenti e dislessici di seguire con gli occhi il flusso della parola scritta. Gli escamotages che rendono i libri della collana estremamente facili da leggere partono già dalla copertina: pochi colori, fondo bianco, carattere bold e, per i ciechi, il titolo e l'autore serigrafati in Braille.

«Abbiamo applicato una tecnica innovativa che utilizza inchiostri di alto spessore: in questo modo i puntini sono leggibili ma non fastidiosi per i normodotati», spiega il vice direttore dell'istituto Marco Franceschini. La collana, però, non è stata pensata per chi è completamente sprovvisto della vista, anche se l'audiolibro è uno strumento utile per questa fascia di lettori. Il target principale è potenzialmente ancora più numeroso. «Dopo i 45 anni più della metà delle persone deve indossare gli occhiali per leggere; il 5% degli studenti è dislessico.

È a loro che questi libri possono servire», precisa Eraldo Musarello, responsabile della cooperativa. Saviano, Fabio Volo, Erri De Luca, Federico Moccia, Giorgio Faletti, Walter Veltroni e Susanna Tamaro sono alcuni degli autori che hanno ceduto gratuitamente i diritti delle loro opere perché venissero stampati «senza barriere».

All'interno le pagine dei volumi sono stampate in carattere «Verdana» 16 punti, contro il corpo 10 utilizzato mediamente dalla maggior parte delle case editrici; le lettere hanno aste marcate, la punteggiatura è staccata per essere più visibile e l'interlinea è ampia. Anche la carta è stata scelta per agevolare la lettura, avoriata e opaca, contro il riflesso. Inoltre si è voluto utilizzare solo le pagine di destra, per evitare sovrapposizioni nei casi di dislessia.


Ad oggi sono stati stampati 16mila libri «Ascolta o leggi», 800 copie per ogni titolo, ma in coda ci sono altri autori di livello disponibili a donare i loro testi per il nobile scopo. Il futuro dell'iniziativa dipende molto dalla risposta delle biblioteche. «Questa è un'occasione per ampliare la platea dei lettori, rimuovendo degli ostacoli oggettivi». Per il momento i volumi della collana si possono acquistare alla libreria «Àncora», nella casetta solidali di via Garibaldi e nel banchetto di via Dordi durante il mercato di Santa Lucia

giovedì 11 dicembre 2014

cuccioli di cane guida in affido, storie d'amore

Cuccioli di cane guida in affido, storie d'amore

Che effetto fa prendere un cane sapendo che sarà solo per un anno? Ce lo spiega Lara Arbo, volontaria per la scuola di cani guida per ciechi.

FIRENZE. Una storia unica nel suo genere fatta di tanto amore e volontariato. E' la storia della Scuola nazionale cani guida per ciechi di Scandicci, in provincia di Firenze, e dei volontari che decidono di prendere in affido uno dei tanti cuccioli della scuola.
I cuccioli, golden retreiver o labrador, da quando hanno 2 mesi di età lasciano la scuola (e la loro mamma) e vanno a vivere in una famiglia affidataria per 10 mesi.
Compito delle famiglie è abituare il cucciolo alle situazioni quotidiane più disparate per contribuire a prepararlo all'importante compito sociale che lo attenderà al compimento del primo anno di età: diventare un cane guida per ciechi.
Durante questo periodo alle famiglie viene fornito, gratuitamente, tutto il necessario per accudire il cagnolino: cibo, vaccinazioni, visite periodiche, accessori, oltre all’assicurazione per danni contro terzi, aiuto e consigli di ogni tipo.

La famiglia inoltre frequenta con il cucciolo delle classi di “socializzazione” realizzate all’interno della scuola. Sono molti i fiorentini, ma non solo, che decidono di diventare affidatari e vivere questa fantastica avventura, così come sta facendo da sei anni Lara Arbo che in questi giorni ha in famiglia il sesto cane che proviene dalla scuola di Scandicci.
“Ce li consegnano a due mesi - racconta Lara – sono stupendi, delle piccole pallette di pelo”.

Durante l’affidamento la scuola resta un punto di riferimento?
“Certo, sono sempre tutti molto presenti, ci seguono in tutto il percorso e sono pronti ad intervenire per qualsiasi necessità”.

Per dieci mesi il cane diventa parte integrante della famiglia?
“Sì, con noi imparano a socializzare con gli umani e con gli altri cani. E’ importante, per il compito che andranno a svolgere, che socializzino il più possibile con le persone e non ne abbiano paura. Imparano a vivere bene il contesto domestico e la casa. Noi ci occupiamo di seguirli in questa prima fase che precede poi il vero addestramento che ad un anno di età vanno a fare alla scuola”.

Arriva l’anno di età e il cane deve lasciare la famiglia. E’ un momento difficile per voi?
“Sarebbe una bugia dire che non lo è. Si sente moltissimo il distacco perchè per mesi il cane ha visuto con noi, ha condiviso esperienze, lo abbiamo visto crescere ed imparare. Però, quando vedi il lavoro che vanno a svolgere, quando vengono affidati ad una persona non vedente e vedi quanto il cane riesce ad aiutare questa persona in tutte le fasi della sua vita, che il cane riesce a dare una vita migliore al non vedente, capisci che hai fatto del bene e sei felice di aver contribuito nell’aiutare una persona in difficoltà”.

Potete rivedere il cane?
“Certo. Si può andare a trovarlo a scuola mentre è in corso la fase di addestramento. Inoltre, la scuola da l’opportunità a chi lo decide, di conoscere il non vedente a cui viene affidato il cane. Spesso si crea una profonda amicizia con il non vedente che ci aggiorna sul cane e possiamo anche andare a trovarli”.

Questo è il sesto cane che prendi in affido. Come è maturata in te la decisione di prendere i cuccioli della scuola?
“Volevo fortemente far comprendere alle mie figlie, che all’arrivo del primo cucciolo erano bambine, l’importanza del concetto di solidarietà. Per quanto si possa provare ad insegnare con le parole non sempre è semplice spiegare il vero significato di solidarietà. Così, ho pensato che adottando un cucciolo, rendendole responsabili, affrontando con loro tutto il percorso, lasciare il cane ma mostrare loro il lavoro importante che il cucciolo che hanno cresciuto va a svolgere, conoscendo insieme il non vedente e quanto il cane gli abbia cambiato la vita in meglio, potesse arrivare loro il messaggio in maniera più chiara e diretta. Così è stato. Posso dire che attraverso i cani ho centrato l’obiettivo e sono riuscita a trasmettere l’importanza della solidarietà alle mie figlie. Per me è importantissimo anche perché, se al giorno d’oggi nella società non esistesse la solidarietà, avremmo perso davvero tutto”.


di Elena Casi

Visite turistiche con la guida per non udenti Bologna capofila

Visite turistiche con la guida per non udenti Bologna capofila 

BOLOGNA. «Bologna non è una città a misura di disabile perché essendo una città medievale morfologicamente non è adatta ad accogliere chiunque, purtroppo: ma ci si può lavorare, e per essere accessibile il nostro impegno deve essere massimo», ricorda l'assessore Matteo Lepore. Qualcosa si muove. Il Comune e l'associazione «Succede solo a Bologna» hanno lanciato un progetto di turismo accessibile. Per la prima volta in Italia verranno organizzate visite guidate ai principali monumenti e luoghi di interesse artistico, fruibili sia da udenti sia da persone sorde, grazie alla presenza contemporanea di una interprete Lis e una guida turistica autorizzata. Conoscenza della città e integrazione sociale in un momento unico, il risultato. Si comincia venerdì 21 dicembre con «#BoNatale», sulla tradizione natalizia della città, si prosegue l'11 gennaio con «I sette segreti» e si continua il 18 gennaio con «I luoghi sacri e dannati». Ci si prenota sul sito succedesoloabologna.it , dove verranno segnalate tutte le altre visite. «Da parte nostra ha ricordato Lepore abbiamo sottoscritto quest'anno un protocollo con l'Istituto Cavazza e l'Associazione Culturale Lis per inserire personale e servizi nel turismo e nell'Urp al fine di venire incontro a sordi e non vedenti». 

di Francesca Blesio

martedì 9 dicembre 2014

Mamma, tu mi uccideresti?

"Mamma, ma tu mi uccideresti?"
Ed è notte, mentre tutto si dipinge di luci di Natale, il vento dietro i vetri ci ricorda che l'inverno alla fine è giunto anche qui in Sicilia. E mentre infila il pigiama di pile, mentre attendo di potermi sedere ad un tavolo e leggere 10 email, lei mi pone questa domanda
"Mamma, ma tu mi uccideresti?"
E potrebbe sembrare NORMALE rispondere "Ma come ti viene in mente una cosa del genere?"
Ma non mi và, questa sera, di banalizzare una domanda tanto seria, drammatica, semplice... capisco perchè quella domanda, e provo a trovare una risposta
Allora comincio a dire
"Amore mio, a volte capita che sono molto stanca. Quando metti tutti i giocattoli in disordine e ti dico di riordinarli e mi dici di no. Quando le maestre mi dicono che a scuola hai incollato il banco, quando dobbiamo cenare e tu saltelli perchè vuoi fare le avventure con i puffi o peggio ancora con il film La mummia il ritorno. A volte capita che non sono stanca ma tu fai tanti capricci. Quando è no e tu vuoi che sia sì, quando non ne posso più e allora mi capita di darti uno schiaffo e mi sento male per tutto il giorno e se succede di notte non dormo. E quando succede che lo faccio solo perchè sono più stanca del solito e mi sento così sbagliata, e ingiusta e tu piangi perchè volevi una cosa e non l'avevo capita. A volte capita di sentirmi sola anche in mezzo a tanta gente, ma non capita a lungo. A volte le persone sono davvero tanto sole, e non hanno attorno nient'altro che la loro solitudine. Ma noi siamo fortunati amore mio, noi abbiamo attorno l'universo terrestre e anche quello alieno"
e a questo punto mi chiedi
"anche i calamelonti?"
"Sì, Nina, ma si dice ca-ma-leon-ti"
e tu lo ripeti e io continuo
"Amore mio, le cose orribili che accadono nel mondo mi fanno pensare che esiste una cosa che ancora peggiore dell'odio. Questa cosa è la solitudine. Mi viene da pensare che dietro a cose tanto orribili, c'è molto di più che una donna o un uomo orribili. Io penso piuttosto che vi siano dietro mamme, papà, fratelli, vicini di casa, maestre..... terribilmente sole.Ogni volta che succede una cosa tanto terribile io penso sempre e continuamente a quella persona. Quella persona brutale, assassina, che non può essere mai perdonata nemmeno da tutti gli dei dell'Olimpo, semmai agli dei importasse qualcosa delle disgrazie umane. Io penso alla sua orribile malattia: la follia della solitudine. Io penso sempre a questo. Ed è per questo, amore mio, che non dobbiamo mai per niente al mondo, creare solitudine intorno a noi. Più siamo uniti, e più ricerchiamo la fratellanza tra i nostri simili e più possiamo evitare che cose tanto orribili accadano ancora
"Mamma, ma non hai risposto alla mia domanda, io ti ho chiesto se tu,,,, se tu mi uccideresti"
Hai ragione, scusami, non ho risposto, allora adesso ti rispondo. Se un giorno qualcuno, un angelo, o uno spirito, un oracolo, dovessero dirmi che un giorno io ti ucciderò strangolandoti, io quel giorno stesso mi farei tagliare le mani. Io preferire morire mille volte pur di non vederti soffrire e vorrei morire mille volte pur di non vederti morire. Perchè tu sei sangue del mio sangue, carne della mia carne. Ma questo non è ovvio e scontato. Non basta il legame di sangue, non basta sapere che sei nata da me. Infatti devi sapere che a volte sono stata così stanca da aver pensato persino di uccidere me stessa pur di non sentire più quella sensazione opprimente della stanchezza dell'anima. Ma proprio non ce l'ho fatta. Alla fine mi sono resa conto di una cosa tanto semplice, amore mio, ed è questa. IO NON SO COME SI FA, AD UCCIDERE.......

domenica 7 dicembre 2014

MACULOPATIE, AMBULATORIO TAGLIA CODE

PAVIA. Un graduale calo della vista, immagini distorte e ondulate, aree annebbiate che diventano macchie scure nel campo visivo: sono i primi segnali della degenerazione maculare legata all’età, che colpisce oltre 500 pavesi over 55 all’anno. Il San Matteo ora ha un percorso di diagnosi e cura dedicato alla diagnosi precoce delle maculopatie. «È il progetto Mito – spiega il direttore della struttura complessa di oculistica Paolo Emilio Bianchi – Il nostro reparto ha ricevuto in dono un Oct (un tomografo) di nuova generazione che permette di effettuare un esame approfondito della retina, non invasivo e di grande importanza per individuare le patologie retiniche e consentire un follow-up tempestivo dei pazienti. Se c’è un sospetto di maculopatia si può prenotare la tomografia per la diagnostica e poi andare direttamente alla terapia, con tempi d’attesa passati da diversi mesi a poche settimane». In due anni la diagnosi e la terapia delle maculopatie sono triplicate, passando da 450 a circa 1500. In Lombardia si registrano ogni anno 6.000 nuovi casi di degenerazione maculare neovascolare, la forma più insidiosa e di rapida progressione, oltre 500 nel solo Pavese. La degenerazione maculare legata all'età provoca un deterioramento progressivo della macula, la porzione centrale della retina responsabile della visione distinta, tanto che le persone colpite da questa patologia hanno difficoltà nel compiere anche le più semplici attività quotidiane, svolgere lavori domestici, guidare, usare il telefono, maneggiare il denaro, vedere il volto dei propri cari. «La degenerazione maculare non va sottovalutata né trascurata - aggiunge Giulio Vandelli, responsabile della struttura semplice di patologie vitreo-retiniche - . Fondamentale diagnosticarla tempestivamente e stabilizzare la visione prima che si verifichi un deficit visivo. Oggi ci sono trattamenti "salva vista" che possono evitare la cecità e risparmiare sofferenze al paziente, con una conseguente riduzione dei relativi costi sociali». Oltre 500 pazienti dal nord Italia sono attualmente in follow-up per il trattamento della degenerazione maculare alla struttura di patologie vitreo-retiniche che nel 2014 ha effettuato oltre 3000 visite di retina medica e chirurgica, oltre 4000 angiografie e esami Oct, oltre 1000 fotocoagulazioni laser, trattamenti con terapia fotodinamica (Pdt) e oltre 1000 iniezioni intravitreali per le quali il San Matteo è l’unico centro nella zona.


di Anna Ghezzi

giovedì 4 dicembre 2014

Horus, occhiali "hi-tech" per i non vedenti

Horus, occhiali "hi-tech" per i non vedenti

Il dispositivo consente ai disabili di avere un assistente personale elettronico che li supporti nelle azioni quotidiane. In campo giovani ricercatori dell'Università di Genova.

di Massimo Canorro

Sul portale del progetto, sostenibile attraverso una campagna di crowdfunding, si specifica che “Horus al momento è un prototipo e nel 2015 inizieremo delle fasi di test con i potenziali utenti”. Horus è un dispositivo che consente ai non vedenti e ipovedenti di avere un assistente personale elettronico che li supporti nella quotidianità. Frutto del lavoro di un giovane team multidisciplinare di ricercatori composto (collaboratori esclusi) da Saverio Murgia, Luca Nardelli e Benedetta Magri, “nasce dall’esperienza mia e di Luca nell’ambito della visione artificiale applicata ai sistemi robotici, congiuntamente alla volontà di utilizzare queste tecnologie per migliorare la qualità della vita di persone che non possono usare un senso importante come la vista”, spiega Murgia. Quindi chiarisce il suo intento: “Il maggior problema che vogliamo risolvere è la limitata indipendenza che spesso persone cieche e ipovedenti devono affrontare, e per raggiungere questo obiettivo vogliamo realizzare un dispositivo che non necessariamente sostituisce gli strumenti già in uso, ma si posiziona al di sopra offrendo assistenza su più fronti e risolvendo diverse criticità”. Forte di un’idea che è già stata premiata al Contest idea challenge organizzato in Olanda da Eit Ict Labs, un’iniziativa dell’istituto europeo dell’innovazione e della tecnologia appoggiata direttamente dall’Ue, Murgia descrive il funzionamento di Horus.

“Questo dispositivo viene indossato agganciando una parte agli occhiali, dove si trovano i sensori e il meccanismo di conduzione ossea per comunicare con l’utente, e ponendo in tasca l’unità di elaborazione e batteria. Durante l’utilizzo è possibile navigare un menu utilizzando dei pulsanti oppure utilizzando i comandi vocali. Horus, al pari di un assistente personale, può rispondere a questi comandi vocali guidando l’utente nel suo utilizzo”. Qualche esempio pratico? “Un esempio sono le indicazioni per il posizionamento di un libro durante la sua lettura. Oppure l’aiuto nel trovare attraversamenti pedonali, riconoscere volti e descrivere quelli di persone nuove, individuare oggetti. In qualsivoglia situazione il funzionamento è come sarebbe se si stesse parlando con una persona che assiste”, risponde Murgia.


Un progetto, quello che questi giovani universitari genovesi stanno portando avanti, non circoscritto però al territorio nazionale. “Sicuramente ci espanderemo all’estero, dove già abbiamo riscontrato molto interesse. Abbiamo deciso di iniziare dall’Italia poiché qui abbiamo un network più esteso e per noi si è rivelato più facile iniziare questa affascinante impresa”, conclude Murgia.

mercoledì 3 dicembre 2014

La giornata internazionale delle persone con disabilità a palazzo Chigi e al Quirinale

FISH a Palazzo Chigi e al Quirinale


Oggi per la prima volta nella storia della Repubblica la Giornata internazionale delle persone con disabilità è stata celebrata alla presenza di tre Ministri e del Presidente del Consiglio. Vogliamo interpretare il segnale come un elemento positivo. Forse è davvero un punto di partenza per la reale applicazione del Programma di azione per la disabilità già approvato a fine 2013. Lavoro, salute, vita indipendente, valutazione della disabilità, istruzione attendono di essere declinati secondo i principi sanciti dalla Convenzione ONU nella direzione dei diritti umani e dell’inclusione.”
Questo il commento di Vincenzo Falabella a margine dell’incontro “La sfida per l’inclusione, Il futuro delle persone con disabilità” tenutosi presso Palazzo Chigi in occasione del 3 dicembre, Giornata internazionale delle persone con disabilità.
Ministero della Salute, Ministero dell’Istruzione, Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali hanno promosso l’appuntamento. Presenti i due Ministri Beatrice Lorenzin (Salute) e Stefania Giannini (MIUR), mentre il Ministro Poletti era trattenuto al Senato per la discussione del Jobs Act. All’incontro è intervenuto per un saluto e un breve intervento il Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Lorenzin ha richiamato gli stessi temi sulla disabilità presenti nel Programma di azione, in particolare attirando l’attenzione sulla necessità di una migliore integrazione degli interventi sociali e sanitari nell’applicazione del Patto della salute e alla revisione dei Livelli essenziali dell’assistenza, ma con un occhio di riguardo alla riabilitazione ed alla revisione del nomenclatore tariffario degli ausili, delle protesi e delle ortesi.
Giannini ha ribadito l’importanza del potenziamento dell’azione di sostegno, di una migliore formazione di tutto il personale didattico nei confronti delle persone con disabilità e degli alunni con bisogni educativi speciali.
Parallelamente il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto le delegazioni di FISH e FAND, ascoltando le brevi relazioni dei presidenti e confermando la sua particolare attenzione a questi temi, alla Convenzione ONU, al lavoro e all’occupazione. Un accento particolare è stato posto dal Presidente anche all’aspetto culturale e del linguaggio che deriva dal pregiudizio e genera a sua volta stigma.
Falabella nel breve intervento ha rammentato come “è necessario comprendere che quella per la disabilità non è una spesa, ma un investimento. Rendere le persone autonome, protagoniste della propria vita, sostenere e riconoscere ufficialmente il ruolo dei caregiver familiari trasforma le persone da ‘pesi’ a protagonisti e libera risorse: nella scuola, nel lavoro, nelle relazioni sociali, nelle nostre comunità.”

3 dicembre 2014

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