mercoledì 1 aprile 2020

Un pesce d'aprile che inizia con la A

Un pesce d'aprile che inizia con la A

Sto pensando che, è brutto dirlo, data la situazione, ma sono contenta che questo primo di aprile lo trascorreremo in casa. Non siamo costretti ad andare a scuola e far finta che ci piacciono gli scherzi del primo d'aprile. Hanno tentato in tutti i modi di farci comprendere che gli scherzi li dovevamo proprio comprendere, che con il tempo li avremmo compresi. Ci dicevano "ma a casa vostra non scherzate mai?", che è un modo sottile (nemmeno troppo) di farci sentire in colpa. Il fatto è che gli scherzi lei proprio non li capisce. Non solo non li capisce ma la fanno sentire a disagio, triste, arrabbiata. So che voi non riuscite a capirlo e che pensate che si tratti solo di un capriccio, solo perché è viziata oppure perché è suscettibile. Ma lei è così. In questi mesi proiettata in questo nuovo mondo, ho compreso tante cose persino sulla mia disabilità visiva. In che senso? Mi direte voi. Beh, prima di avere una diagnosi sembrava cosa fondamentale l'omologazione di mia figlia al resto della società. Per insegnanti psicologi e quant'altro lo scopo principale sembrava essere quello di camminare al pari con gli altri. Se tutti fanno così lo devi fare anche tu. Questo le dicevano. Così come esistono molti modi di vedere e non vedere, esistono molti modi di essere.  Così come vi è difficile comprendere la mia disabilità visiva vi è incomprensibile accettare il fatto che una persona che non è muta, non è ritardata e capisce la storia così come la capisci anche tu, possa essere autistica. E così il mondo dei parenti, degli amici, il mondo che ci circonda, si divide tra negazionisti, complottisti e tragico moralisti. La verità è che la diagnosi di mia figlia io l'ho conosciuta da sempre e ho sempre pensato al di là del nome e di un'etichetta che la sua più grande sofferenza era quella di non essere compresa. La sentivo come un'estranea a questo mondo. Lei non riusciva a comprendere molti meccanismi di relazione e parallelemente gli altri non riuscivano a comprendere lei. Adesso camminiamo con più consapevolezza verso la strada dell'autostima, della comprensione e soprattutto della felicità. Al di là del nome che si voglia dare: autismo, Asperger, adhd... Io credo molto più semplicemente che le persone debbano essere comprese e rispettate sempre per quello che sono. C'è una frase molto bella che voglio condividere con voi, pronunciata da una delle professoresse straordinarie di mia figlia: se un alunno ha bisogno di aiuto, io lo aiuto a prescindere dalla diagnosi. Il concetto molto semplice è questo: posso provare a farti comprendere quanto siano divertenti gli scherzi, ma se alla fine a te non divertono e se dopo tanto tempo non riesci a comprenderli devo accettarlo e basta semmai posso aiutarti ad attuare tecniche di sopravvivenza di fronte ad uno scherzo. Insomma alla fine se c'è una cosa che ho compreso in tutti questi anni molto in salita della mia vita, è che tutti possiamo imparare gli uni dagli altri con un unico scopo imprescindibile: ESISTERE

giovedì 5 marzo 2020

Sogni: volare su palloncini colorati


E' da tanto che non aggiorno l'etichetta dei sogni. Il sogno che sto per raccontarvi sarà stato sicuramente ispirato alla vicenda terribile ascoltata (mio malgrado) ieri sera su “chi l’ha visto?”. La premessa numero uno è la seguente. La triste vicenda del programma TV raccontava di una donna "caduta" dal quinto piano di un palazzo.
La premessa numero due è che per la prima volta sogno un balcone e non ho paura, nonostante questo sogno sia nato (probabile) dalla notizia di una morte tragica ascoltata in TV. Il balcone nel mio sogno diventa un simbolo di libertà e non di morte.
Mi trovavo nella mia casa d’infanzia, nel salone. Ero circondata da palloncini colorati, alcuni da gonfiare, altri già gonfi. Decido di unirli tutti insieme ad uno spago per potermelo legare alla vita e provare l’ebrezza del volo. In realtà più che svolazzare speravo di poter discendere dal settimo piano in cui mi trovo, fino al cortile planando lentamente. Faccio un po’ di calcoli, mentre lego i palloncini allo spago: calcolo di potermi riposare tra un piano e l’altro appoggiandomi alla ringuera dei balconi. Poi, siccome anche nei sogni sono altruista penso di scendere (prendendo le scale) e avvisare le persone che stanno in quel momento nel cortile di non preoccuparsi di ciò che vedranno da lì a poco, che non si tratta di una tipa che sta per compiere un terribile gesto ma sono io, che ho deciso di volare legata ad alcuni palloncini colorati. Le persone mi guardano perplessa (da notare che in questo sogno decido di prendere le scale e non l’ascensore). Risalgo velocemente e continuo il mio lavoro. I palloncini mi sembrano in realtà molto piccoli e mi chiedo se riusciranno a sorreggermi per sette lunghi piano ovvero venti lunghi metri. La sensazione è di gioia profonda e infantile, senza considerare il fatto che nella vita reale soffro terribilmente di vertigini e non mi affaccio quasi mai da un balcone, semmai da una finestra ma da un balcone, al settimo piano, proprio mai. Finisco il mio lavoro con i palloncini pronta a provare questa meravigliosa esperienza. Lego lo spago (nemmeno tanto resistente) alla vita, esco fuori sul balcone e osservo i palloncini colorati che iniziano ad agitarsi nel vento. Prima di partire mi ricordo che c’è un piccolo palloncino a elio in casa e che potrebbe servirmi se per caso decidessi di tornare indietro (pensiero assurdo). Così decido che tenendolo con la mano destra non mi impedirà di scendere, mentre mi farà risalire tenendolo con la mano sinistra. Bene, quando è tutto pronto scavalco la ringhiera e via. Come avevo immaginato la sensazione non è quella di precipitare ma di planare, ed è molto piacevole. Supero il sesto piano, supero il quinto, dove ci sono alcuni panni stesi che essendo bagnati mi si appiccicano in faccia , sento il profumo intenso di ammorbidente e aria fresca di mare e di fiori. Sembra tutto perfetto ma, giunta al quarto piano i palloncini iniziano a scoppiare, non tutti insieme ma uno ogni tanto. Lancio un'occhiata allarmata alla prima esplosione, in quel momento sento che precipito, passo il palloncino a elio nella mano sinistra ma questo si sgonfia lentamente. Il tempo si ferma, non precipito, non salgo ma rimango sospesa tra il quarto, il terzo piano e il cemento. Cerco di raggiungere la ringhiera del quarto piano ma sono troppo distante. La ringhiera del terzo piano sta in basso e non voglio abbassare lo sguardo per guardarla, tendo le braccia verso il quarto piano ma niente da fare. Il vento si è fermato e con lui ogni bella sensazione. In quel momento penso a Davide e ai suoi possibili pensieri mentre si trovava tra il quarto piano e il cemento del cortile, e mi chiedo: “porca vacca perché dovevo pensare proprio a lui?”. Nel sogno il mio campo visivo si apre e mi sembra di vederlo, Davide, con la coda dell’occhio sinistro, proprio nella mia stessa posizione, davanti a quel palazzo accanto al mio, solo che lui non è legato a niente, non ha nessuna speranza se non quella di un misterioso arresto temporale. Mi sento terribilmente triste, osservo rassegnata i palloncini che stanno per sgonfiarsi o che esplodono. Il palloncino ad elio inutile e sconfitto sembra volermi rimproverare, e lì tutto floscio che mi dice: "ma chi te l'ha fatto fare?", ma proprio in quel momento accade una cosa misteriosa, tipica dei sogni. Il palazzo si avvicina a me. Lo sento meno distante, riesco a percepire la sua vicinanza e di nuovo il profumo di ammorbidente e il vento. Stendo le braccia più che posso e raggiungo la ringhiera del quarto piano. Mi aggrappo, scavalco e sono salva. Mi libero di quei maledetti palloncini, mi sento mille sospiri di sollievo riempirmi i polmoni. Prima di entrare nell’appartamento di quel quarto piano porto lo sguardo verso il palazzo a fianco. Davide non c’è più.
Non ricordo cosa ho pensato ma dato che si trattava di un sogno, spero che almeno in quel sogno si sia potuto salvare.