martedì 27 agosto 2019

leggere scrivere e noi attorno


Ci sono storie e storie e ci sono poi intrecci di storie.
La ragione per la quale mi piace raccontarvi alcune cose che mi accadono è perché le ritengo importanti non soltanto per me che le scrivo e che le ho vissute, ma anche per voi che mi leggete.
Comincio col dire che, nonostante tutto, sono stata una persona fortunata. Ho avuto la fortuna di circondarmi di situazioni e persone belle che ho scelto volutamente ma a volte sì, sono piovute dal cielo. Ho avuto la fortuna di incontrare persone potenti, empatiche, rivoluzionarie, uniche, fondamentali, che hanno fatto e continuano a fare la storia del nostro Paese. Instancabili. Forse per voi le fortune sono altra roba, come avere una bella casa, un bel lavoro, la salute, tanti amici, essere popolari, l’aperitivo il fine settimana e così via, ma sono certa che la fortuna sia un’altra cosa. Potrebbe essere, ad esempio, vivere in un intreccio di persone che sanno cambiare il mondo. Non voglio scrivere il diario di ciò che ho fatto in questi due giorni durante un workshop in un posto lontano dal mondo, ma voglio condividere con voi innanzitutto una frase, che ho sempre portato dentro, da qualche parte per tutto questo tempo e l’altro giorno come per magia è venuta al mondo, dalle parole di Erica:
“Scrivere è fare politica”
Intendiamo il significato “politica” nella sua accezione più pura e così, come una successione di ricordi, sensazioni e letture, mi sono venuti in mente gli uomini e le donne, che hanno fatto POLITICA scrivendo, e che per questo amo profondamente:
Pier Paolo Pasolini, Proust, Neruda, Sepulveda, Alda Merini, Hugo, Kafka, Umberto Eco, Dostoevskij, Hannah Arendt, Virginia Wolf, i fratelli Grimm, Thomas Mann, Erri De Luca…
Leggo tutti questi nomi (e ce ne sono molti altri) e penso che non sarò mai una scrittrice così, ma sono certa in un preciso momento, io e loro, abbiamo condiviso qualcosa e di questa cosa sono terribilmente orgogliosa. Scrivo da quando avevo soltanto sette anni e sapevo scrivere tanto e male, scarabocchiando e riempiendo quaderni e quaderni di orrori e refusi. Ero incosciente e affamata di storie. C’era questa cosa che mi costringeva ogni giorno a sedermi alla mia scrivania e prendere una penna in mano. Avevo il callo dello scrittore sul dito della mano sinistra, ne ero orgogliosa più di ogni altra cosa. Nasceva in me come una fiamma e scorreva dal cuore al braccio, dal braccio alla mano, dalla mano alla penna, dalla penna all’inchiostro, dall’inchiostro al quaderno. E infine esplodeva e dal momento in cui esplodeva il mondo attorno cambiava. Ecco, è questo ciò che penso mi accomuni a tutti coloro che hanno amato e amano scrivere.
In questi giorni ho avuto la fortuna immensa di poter condividere questo stato di grazia insieme ad altre persone, folli, come me. Una manica di “malati di libri” trascinati lì dalla voglia di scrivere, di leggere, di condividere, di raccontare, di esserci, di dare più che di ricevere ed infine di ricevere, con umiltà, come è giusto che sia.
Ma voi mi capite quando dico che ho avuto la fortuna di essere circondata da persone intelligenti? Sì, per me è una fortuna, è così difficile oggi trovare un briciolo di intelligenza in giro! Mi riferisco alla capacità di voler conoscere il mondo, non al grado di scuola frequentato e poi, sì, dai, anche a quello ma soprattutto alla capacità, al desiderio più che altro, di conoscere. Non ho dovuto faticare per far comprendere la mia diversità e io stessa non ho dovuto faticare per comprendere le peculiarità di ognuno, ed ho compreso che non esisto soltanto io e i miei dannatissimi limiti, ma esiste l’altro, che non è mai così come vorremmo, ma spesso è anche meglio. Non ho mai patito la solitudine, che invece mi capita di sentire in contesti più famigliari; non ho mai dovuto chiedere e non ho mai dovuto chiedermi “ma avrò fatto bene a venire qui?” come invece è capitato di fare in ambienti in cui la disabilità era l’unica cosa in comune; non ho mai sofferto per i miei limiti, non ho mai pianto per non poter fare qualcosa (e non è una cosa normale per una persona  come me che spesso si ritrova a non poter fare qualcosa), e di tutto questo stato di grazia e di amicizia e di empatia ringrazio profondamente le persone  che hanno vissuto insieme a me in questi giorni.
Non è semplice comprendere “come fare” quando ti trovi di fronte ad una persona diversa da te e molti per paura preferiscono non avvicinarsi e non è semplice, in un mondo di stereotipi, comprendere che una persona possa utilizzare un bastone per ciechi (ed ipovedenti) e contemporaneamente  scrivere con un pennarello e leggere.
Non è facile, ma loro ci sono riusciti. La difficoltà più grande che ho riscontrato durante la mia esistenza è stata sempre quella della comprensione. Durante la presentazione, Venerdì, ho spiegato in due minuti, e non di più, tutto ciò che è importante spiegare quando incontro persone nuove e nessuno ha fatto la battuta idiota del signor Massimo Giletti quando ho detto che in determinate situazioni di poca luminosità divento cieca del tutto, così come accade al tramonto. Il Giletti rise dicendo “Anche io non ci vedo al buio” senza capire che un conto è il buio un altro la poca luce (come quella dei faretti) con la quale tutti riescono ad avere percezione delle cose. Sono stati indubbiamente grandiosi per aver compreso e basta senza farmi mai sentire a disagio o con gli occhi puntati addosso. Ho visto piuttosto molta solidarietà e di questo ne sarò sempre grata.
Infine, e questo messaggio lo rivolgo ai miei “colleghi” di disabilità, ci tengo a comunicarvi questa mia certezza: spesso vi lamentate perché incontrate persone che vi trattano male, spesso vi trovate male in contesti in cui siete tra persone “normali” e anche tra vostri “simili”… mi viene da pensare che forse, tanto, dipende da voi. Se vi ponete con gentilezza e non con quella presunzione e quella durezza d’animo che abbiamo spesso noi “disabili” forse le persone avranno piacere di aiutarvi. Dicendo questo mi rendo conto che si dovrebbe aprire un altro discorso e non finirei più di scrivere. E’ vero, viviamo in un mondo in cui è difficile essere diversi e spesso, tante volte, essere autonomi ed indipendenti a causa di mille barriere, architettoniche e mentali e questo ci fa molto arrabbiare, giustamente. A volte però ci troviamo in un contesto di persone che vogliono aiutarci tra mille barriere e difficoltà. E’ come la storia del fumatore senza accendino di cui parlava Silvia: nessuno è più socievole di un fumatore senza accendino, così allo stesso modo anche un limite ed una difficoltà possono essere un punto di partenza per istaurare rapporti di conoscenza che possono cambiarci la vita. Anche in questo caso ci vuole intelligenza, sensibilità ed empatia, stavolta da parte “nostra”.
Simona Caruso