sabato 17 novembre 2018

Arriva l'inverno

Arrivi al freddo anche qui in terronia ed il cuore vorrebbe tanto il suo piumino a scaldarlo... ma il cervello dentro la sua calotta cranica non ne vuole proprio sapere lui pensa che non ci sia in fondo tutto questo freddo

sabato 3 novembre 2018

ELISABETTA E ME (e quel che non conosci)



E’ una settimana intensa, stancante fisicamente ed emotivamente, ma in fondo mi diverto. E’ ricca di emozioni. Da non professionista, mi ritrovo immersa ancora una volta nel mondo magico e rivoluzionario, del teatro. Quest’anno partecipo anche al laboratorio che si tiene a Catania, sono solo tre incontri, ma sono belli tosti perché coincidono, nei giorni, con gli incontri di Siracusa. Mi diverto, sebbene la stanchezza, perché in fondo mi diverte fare mille cose, incontrare persone nuove e vivere nuove esperienze. Penso che il mondo sia un bel posto in cui vivere e ho sempre la fortuna di scoprire la parte più bella delle persone che mi succede di incontrare.
Il giorno della replica a Catania vado insieme ad Elisabetta e al suo ragazzo Salvatore. Mi accompagnano e restano con me tutta la sera. Durante il tragitto parliamo di molte cose.
Ovviamente, pace alle loro orecchie, io sono quella che parla di più.
Quando la incontro per la prima volta lei è già seduta in cerchio con tutti gli altri. Nonostante la luce poco favorevole, la vedo un po’, Elisabetta, la vedo tra le mille imperfezioni del mio vedere e mi appare bellissima, di una bellezza pulita, espressiva e unica e con una voce fantastica. Avete presente i colpi di fulmine? Beh a me accadono spesso e così appunto senza porre troppe riflessioni al mio giudizio. Mi dicono che ha la sclerosi multipla e che perciò si muove lentamente anche se io non riesco a percepire la sua lentezza. E’ fantastica quando legge e mentre recita e secondo me il regista ha scelto per lei la parte più bella di tutto il copione. Ne sono convinta, è proprio perfetta per lei.
Mentre siamo in viaggio, mi spiega che a volte, quando deve fare troppa strada o è troppo stanca e sta male deve utilizzare la sedia con le ruote. Mi spiega che ci sono giorni in cui sta bene e giorni che invece va proprio male. Io e lei abbiamo due patologie molto diverse. Lei ha una disabilità motoria ed io sensoriale. Abbiamo due modi diversi di rapportarci con il mondo e dobbiamo abbattere diverse barriere architettoniche, anzi, molto spesso i supporti e gli strumenti utili a me sono un ostacolo ed un pericolo per lei e viceversa. Eppure, mentre lei mi raccontava della sua condizione e dei suoi momenti buoni e momenti peggiori, mi è venuto da pensare che per certi versi le nostre diverse patologie un po’ si somigliano.
Anch’io, come Elisabetta a volte mi ritrovo a fare alcune cose come se vedessi bene. Soprattutto se sono a casa o in ambienti che conosco. Col tempo sono diventata un po’ più brava: mi basta andare in un posto un paio di volte e già riesco a muovermi quasi tranquillamente. Certo se metti un ostacolo che prima non c’era allora c’è il rischio che io possa non vederlo e farmi male, ma a parte questo riesco a ricordare dove si trova il bagno, il portone, un pilastro sporgente e via dicendo. Ci sono momenti in cui posso leggere anche i messaggi sul cellulare. Anche quello dipende tanto dalla luminosità esterna e altri fattori. Innanzitutto dev’essere il mio cellulare perché lo stesso non potrei fare con il cellulare di un’altra persona. Il mio cellulare ha lo schermo molto ingrandito i caratteri enormi, c’è una luminosità gialla che non è troppo intensa ma nemmeno troppo scura e posso leggere solo brevi frasi impiegando il doppio del tempo che impiegano tutte le altre persone. Ci sono momenti poi quando devo uscire da sola, o dopo il tramonto che le strade sono poco illuminate, o se devo andare in posti che non conosco anche se è giorno e c’è tanta luce, che ho bisogno di utilizzare il bastone.
La mia patologia si chiama retinite pigmentosa, è una patologia degenerativa, come la sclerosi multipla. Ho bisogno del bastone per muovermi perché non vedo più niente di tutto ciò che mi circonda. Immaginate che il vostro campo visivo sia di 100 e io vedo solo l’1%
La percentuale è corretta, è esattamente ciò che vedo io di tutto ciò che mi circonda. La percentuale cambia di persona in persona e anche la visione centrale è soggettiva ovviamente. L’abbiamo spiegato mille volte: è come vedere attraverso il buco di una serratura, è anche più stretto in realtà, devo spostare la testa continuamente e ciononostante, quel poco che riesco a vedere in questo modo lo vedo comunque storto, deforme, sbiadito, tempestato di macchie nere che si muovono. Lo spiegherei altre centinaia di volte, ma chi non vuole leggere, capire, ascoltare, non lo capirà mai.
Penso che la stessa cosa sia accaduta anche ad Elisabetta.
Penso che un giorno la signora x l’avrà vista sulla sedia passeggiare per strada spinta da qualcuno e avrà pensato
“Ma lei l’altro giorno non camminava a piedi e per giunta a passo spedito?”
E badate bene che la questione non è “semplicemente” questa. Il problema non è solo il giudizio della gente. Il problema, quello reale serio e gravissimo è che molte volte, queste persone, denunciando qualcosa che non esiste, ti rovinano a priori l’esistenza. Il problema è che senza saperlo qualcuno per anni ti segue e ti registra per vedere i tuoi spostamenti, i tuoi movimenti, per capire se stai truffando lo stato oppure no. In ogni caso nel frattempo il giudizio si trasforma in condanna.

 Ma che cosa ne sapete voi di cosa significhi non avere più forza nelle gambe e dover stare su una sedia con le ruote. Voler correre e sentire il vento in faccia e non poterlo fare. ritrovarti di un tratto a terra e non riuscire a rialzarti. E accettare a 19 anni di dover vivere anche quando non lo vuoi, su una sedia con le ruote. E che ne sapete voi di cosa vuol dire quando scende la penombra o sei in un luogo poco illuminato e d’improvviso non vedi niente di niente. E se prima anche male riuscivi a percepire l’1%  in quel momento non vedi NIENTE DI NIENTE.
E dover sbattere continuamente, non poter trovare subito gli oggetti che cerchi, avere continuamente mal di testa, non poter guidare e stare sempre nella speranza di qualcuno che ti accompagni, vivere in una città senza mezzi pubblici, sentirti giudicata perché hai scelto di essere madre… ed essere madre nonostante la disabilità cercando di infondere serenità e con la consapevolezza che è necessario fare più degli altri…
E no, appunto, non ne sapete nulla!
Le patologie degenerative peggiorano non solo nel tempo ma anche in base al tempo, inteso con questo il tempo meteorologico e solare. Possono essere affrontate con gli ausili che una volta non c’erano anche se non cambia molto, nessun ausilio ti cura da una patologia degenerativa che tra le altre cose non ha ancora nessuna cura. Gli ausili così come la giusta informazione e la solidarietà e il rispetto, servono a noi per provare a vivere, una vita d’amore e d’amici, partecipare ad un laboratorio teatrale, passeggiare, vedere foto (ingrandite, sbiadite e mai perfette nelle forme e nei colori).
“Io ho imparato a fregarmene degli altri perché mi sono detta, o faccio così oppure non faccio”
mi ha detto Elisabetta l’altra sera mentre scendevamo dalla macchina.
“Hai ragione, è quello che dovremmo fare tutti, ma ho paura di non essere compresa, anche da questi ragazzi che mi hanno visto con il bastone l’altro giorno e mi hanno visto guardare il trucco, un vestito, i capelli…”
Ho detto.
Ma quando poi mi vedono muovere sotto la luce di un paio di faretti bassi non hanno nessuna esitazione. Letizia mi prende per mano e mi accompagna a sedere o verso il pubblico. In quel momento non vedo altro che il buio.
Quello che proprio non riesco ad accettare della mia patologia è l’ignoranza. L’ignoranza non è una colpa, è anche quella una condizione, si combatte appunto con l’informazione ma anche con la volontà di comprendere. Ma che qualcuno decida per me, questa è una colpa.
Voglio utilizzare il bastone bianco ogni volta che ne ho bisogno, se decido di uscire da sola, se voglio andare a prendere mia figlia a scuola. E voglio poter leggere il cellulare, con i miei tempi e con le mie difficoltà, una mano regge il bastone e l’altra il cellulare. Vorrei farlo con tranquillità, vorrei farlo perché non ho altre possibilità. O così, oppure non faccio. E io, ancora oggi, scelgo tante volte, di non fare.
Ho visto amici rovinati dal giudizio e dalla condanna. Parlo degli amici, quelli che ho avuto modo di conoscere, con cui ho mangiato allo stesso tavolo e sono stata per ore al telefono. Anni e anni tra tribunali e sentenze. E’ una cosa terribile e assurda. Come se di per sé la diagnosi di una patologia degenerativa non bastasse. In molti casi oltre alla disabilità visiva si aggiunge anche quella uditiva. Queste persone che vivono una condizione difficile tra il silenzio e il buio in molti momenti della loro giornata TOTALE, hanno subito un processo. Erano stati processati per avere un’unica grande colpa: la voglia di vivere come tutti gli altri.
La nostra grande colpa rimane comunque la paura. Utilizzare il bastone bianco è indispensabile, ci aiuta a non farci male e aiuta gli altri a capire che abbiamo delle difficoltà. Facciamo perciò informazione,  quella seria e concreta, ma facciamo soprattutto informazione verso noi stessi.
O faccio o non faccio.
Scegliamo di fare

mercoledì 22 agosto 2018

Prima decade

Ti ho trovato in un giorno d'estate caldissimo, sotto un girasole... 
E quanta strada abbiamo percorso: una dentro l'altra , una accanto dall'altra. E non è stato "naturale " così come si narra quando si parla dell'istinto materno. È stato un cammino spesso tanto difficile,  di consapevolezza, di troppo silenzio e troppo rumore...fragile e forte. Giorno dopo giorno.  E non è stato facile. Non sei mai stata accomodante. Sei stata sempre sul bordo... eccentrica,  ma profonda così tanto che non è dato a tutti conoscere le tue intenzioni. E quando quel giorno abbiamo avuto lo stesso pensiero e tu mi hai risposto senza che io avessi parlato. E quando mi hai detto  "voglio fare qualcosa di importante per il mondo " ho avuto la conferma che la tua nascita non è stato un dono solo per me. In realtà ho capito da subito che non ti avrei mai avuta solo per me. E poi la tua dolcezza... non vi sono parole per spiegarla.  Tu sei PERSONA. Persona  Libera, immensa, sopra le righe e fuori dagli schemi. Ed è tutto così terribilmente bello che ho spesso il terrore di perderti. Ma in fondo sarà così inevitabilmente. 

Tantissimi auguri piccolo sole

La vita possa sempre sorprenderti !
Tua madre

mercoledì 11 luglio 2018

finché c'è vita


A volte ho come l’impressione di aver vissuto tante vite. A volte mi sembra di aver vissuto troppo poco. Di non aver attraversato realmente quelle fasi della vita che tutti attraversano in un determinato periodo. A volte mi sembra di essere sempre un passo indietro agli altri. In certi momenti poi mi sembra di essere andata troppo avanti, così tanto da non riuscire più a comunicare con il resto delle persone che mi vivono attorno. E a volte ancora, mi capita di sentirmi stanca, come se non ne potessi più, come se volessi sedermi ad aspettare. Poi in alcuni giorni come questo invece ho voglia di correre, correre fortissimo verso tutti i miei sogni che non mi sembrano mai abbastanza. A volte vorrei proprio vivere!
E non è facile. Non è facile per una miriade infinita di motivi. Eppure. Eppure. Come cantava uno straordinario cantautore “eppure il vento soffia ancora”. E il vento qui a Siracusa, non manca mai. Soffia sui pomeriggi afosi che tolgono il respiro, soffia sulle barche del porto, sui turisti che passeggiano lenti e attraversano la storia di un’antica città. E’ un vento che mi piace, quando è così, appena mi sfiora.
Credo che la colpa di tutto questo sia nel segno zodiacale. Alcuni ci credono, altri no. Fatto sta che è proprio vero, l’acquario è un segno divino! Ha in sé tutte le smanie del crescere, le paure dell’avanzare, l’incoerenza nei passi che diventano sbagliati ma sembravano perfetti. E i sentimenti poi, non sono mai semplici. E’ tutto sempre eternamente complicato. Non è mai un “così così” ma è sempre troppo moltissimo esagerato. Oppure spento. Spento del tutto.
Sono stata capace di grandi cose. Come creare una maschera. Non pensate male, non la immaginate come una maschera di ipocrisia e di menzogna. Immaginatela piuttosto, come la maschera di batman. Sì, esatto, la maschera di un super eroe. Non sono sempre io, a volte, sono io immaginandomi altro e altrove. Sono io che può realmente correre senza farsi male, sono io che è stata nutrita d’amore e autostima da sempre. Sono io in grado d’abbracciare l’universo intero ogni firmamento ed ogni stella. E sono io, come una stella tra le stelle.
In questo momento sto creando attorno a me mondi paralleli. No, come dicevo prima, non è facile. Ma è BELLISSIMO. Semplicemente bellissimo! Non faccio le cose “per ammazzare il tempo” le faccio perché ci credo. Le faccio perché sento che ogni cosa mi trasforma, mi plasma, fa di me una persona migliore. Ogni cosa che faccio è vita. Leggere, studiare, crescere una bambina, amre, recitare. Sì, recitare. Quando alla tua maschera se ne aggiungono altre cento. Centomila! E non c’è niente di più spettacolare nella vita che poter raccontare la verità attraverso la finzione. Una finzione pura, divina appunto. Come il segno dell’acquario!

sabato 30 giugno 2018

Come un piccolo principe

Così, come ha fatto il piccolo principe, vorrei morire! No, non voglio togliermi la vita! Vorrei, così come è accaduto al Piccolo Principe potermi sbarazzare di quella scorza inutile che è il mio corpo. Essere perciò veramente me stessa. Raggiungere quella velocità che vorrei avere, potrei essere ovunque. Vorrei potermi liberare di questa scorza inutile, che a volte mi capita di osservare con tenerezza attraverso lo specchio ristretto e sbiadito. Mi dico che in realtà non sono io. Io sono sempre altrove

mercoledì 20 giugno 2018

Inizia l'estate

E inizia l'estate proprio in concomitanza con la consegna delle pagelle. Ieri abbiamo salutato tutte le maestre, ma in particolare la maestra di matematica che va in pensione. 46 anni di servizio. Una donna che sembra incarnare lo stereotipo della maestra, o perlomeno così come lo immagino io. Pensavo, 46 anni di servizio, quando ha iniziato ad insegnare era una giovane donna nel bel mezzo degli anni 70. Altra epoca, un'altra storia. Avrà sicuramente iniziato come maestra unica così come erano tutti i maestri fino alla riforma della scuola che ha portato all'inserimento di 5 insegnanti in ogni classe. L'ho immaginata affrontare insieme ai suoi bambini le tematiche di allora. La matematica si sa non è un'opinione, ed il teorema di Pitagora esiste da sempre. Ma credo che ieri, mentre i nostri piccoli monelli La circondavano di abbracci le siano passati come un cortometraggio della mente, tutti quei bambini, tutti quei Fiocchetti azzurri appesi ai grembiuli bianchi e neri. Il profumo dei panini con la mortadella, la divisione di classe, le camicie hawaiane, la zampa d'elefante... le riforme della scuola sempre più sbagliate... gli scioperi, le riunioni sindacali... 46 anni cavolo non sono pochi! E così ieri ci ha salutati. È giunta per lei la chissà quanto attesa pensione. Lascia questi bambini che oggi sembrano più grandi della loro età, hanno già il 36 di scarpa a soli 9 anni, sanno smanettare computer e tablet che negli anni 70 esistevano solo sui libri di Asimov. Con un livello colturale per lo più basso, per non parlare dell'educazione! E pure loro, le maestre, con tanta insistenza mi hanno continuamente ricordato che in quarta elementare, a 9 anni, non si possono più chiamare bambini, bensì signorine e ragazzini. E ieri, di fronte a quelli che in fondo non erano altro che bambini mi chiedevo quanto fosse cambiata la società in 46 anni, Come è cambiata la scuola come è cambiata la famiglia, Com'è cambiato tutto! In fondo mi dicevo anch'io sono cresciuta a cavallo di epoche diverse. Anch'io ricordo bambini sempre sporchi ginocchia sempre sbucciate giochi fantastici! Eravamo bambini! E lo eravamo fino a quando ci piaceva esserlo! Eppure, sebbene bambini, andavamo al supermercato a fare la spesa andavamo a scuola da soli e facevamo i compiti da soli... c'era un giusto equilibrio tra l'essere bambini e voler crescere. Negli occhi della maestra Rosa che ieri andava in pensione ( per noi che la salutava) ho visto ieri una profonda malinconia. Mi chiedo, Chissà se dentro questa malinconia c'era una delusione di fondo per come siano andate le cose nella scuola italiana. Chissà se c'era il desiderio di poter tornare indietro con il senno di poi per impedire questa involuzione. O forse, più semplicemente pensava che in fondo nonostante quelli fossero stati i bambini più Monelli in assoluto, avrebbe sentito terribilmente la loro mancanza! Perché in fondo cambia la società, cambia la scuola e anche la famiglia ma il desiderio di amare quello, credo che non cambierà mai e quegli abbracci stretti la accompagneranno per sempre impressi come unico denominatore dei suoi lunghi 46 anni di servizio

sabato 28 aprile 2018

Con la testa tra le nuvole


Quando ero bambina e spesso mi capitava di sbattere, cadere, inciampare, non vedere qualcosa, non trovare gli oggetti per terra o davanti a me, e muovermi lentamente... mi dicevano che avevo la testa tra le nuvole e che indubbiamente vivevo in un mondo tutto mio scollegato dalla realtà, altrimenti non si poteva spiegare quella mia sbadataggine e quella innaturale lentezza. Sono trascorsi molti anni da allora e nonostante io abbia  adesso coscienza delle motivazioni che mi portano a sbattere e inciampare anche se adesso lo faccio molto meno e ad essere lenta, non ho mai smesso di vivere con la testa tra le nuvole! E non solo metaforicamente dal momento in cui la testa tra le nuvole mi piace avercela sul serio! È vero che di per sè l'organizzazione di un viaggio mi procura spesso molta ansia, ma dal momento in cui si parte tutti i timori svaniscono e mi godo quella altezza sopra la terra sopra le nostre città sopra la gente e appunto... tra le nuvole. Volare è il sogno di molti, e l'invenzione dell'aereo é forse tra le più geniali oltre che utili! Volare è  una sensazione bellissima, vedere la terra che piano piano si avvicina durante l'atterraggio e piano piano si allontana durante il decollo. È strano e non so spiegare il motivo per cui tante volte durante il decollo ho provato la sensazione e il bisogno di piangere. Indubbiamente è la paura del distacco... paura e piacere spesso si fondono in un'unica cosa e la mia vita attualmente è intrisa da questo sentimento. 
Paura e piacere
In questa mia riflessione che nasce così di getto e senza tante correzioni voglio aggiungere anche l'emozione nell'incontrare tutti coloro che solitamente vivono dall'altra parte del mio mondo. Quelle persone che puoi vedere solo un paio di volte durante l'anno ma ogni volta che le vedi i ricordi e i momenti belli sono così intensi che ti accompagnano fino alla volta successiva, al prossimo incontro... rifletto anche sulle nuove persone incontrate e conosciute in questi ultimi viaggi. Sono sicura che qualcuno avrà notato di me solo gli aspetti apparenti, solo quelle cose che se potessi nasconderei per mostrare ciò che sono realmente! Ma spesso la stanchezza e anche la difficoltà di organizzare insieme a molte persone ti fanno apparire così come non sei realmente! E poi ci sono quelli che sembra che ti conoscano da una vita anche se è la prima volta che li vedi. E accadde quella magia che è rara e straordinaria!
Quando invece rivedi i tuoi familiari dopo tanto tempo è tutto diverso, non è come quando incontri un'amica. Rivedere i familiari una volta l'anno ti dà di più il senso del tempo che passa della distanza di tutte quelle cose che durante quell'anno ti sei persa! I successi scolastici dei tuoi nipoti, loro che crescono e che diventano sempre di più degli uomini e delle donne... loro che hanno un codice tutto loro un modo di muoversi diverso modo di parlare diverso... che non sono più dei bambini che non ti saltano in braccio... e poi, quei fratelli con i capelli brizzolati la barba lunga che ancora conservano qualcosa del loro essere bambini che  un po' ricordi nonostante la distanza... quella voglia di giocare, di prendersi in giro di correre di restare ancora a volte con la testa tra le nuvole. Ho vissuto tanti anni questo sentimento che si scatena durante una separazione: Un treno che parte un aereo che si alza in volo e porta con sé mille ricordi, emozioni, sogni... una vita intera! Ed ogni volta che parto non sono più come ero prima, e non sarò più come sono stata. Ma l'amore, quello vero, quello che va oltre i legami di sangue e che nonostante i legami di sangue non è mai una forzatura... questo amore parte e ritorna con me ogni volta ed ogni volta mi spinge come una forza invisibile, mi alimenta come una linfa vitale perché io possa nuovamente ripartire con la testa tra le nuvole ma i piedi per terra
S.C