Ci sono
storie e storie e ci sono poi intrecci di storie.
La ragione
per la quale mi piace raccontarvi alcune cose che mi accadono è perché le
ritengo importanti non soltanto per me che le scrivo e che le ho vissute, ma
anche per voi che mi leggete.
Comincio col
dire che, nonostante tutto, sono stata una persona fortunata. Ho avuto la fortuna
di circondarmi di situazioni e persone belle che ho scelto volutamente ma a
volte sì, sono piovute dal cielo. Ho avuto la fortuna di incontrare persone
potenti, empatiche, rivoluzionarie, uniche, fondamentali, che hanno fatto e
continuano a fare la storia del nostro Paese. Instancabili. Forse per voi le
fortune sono altra roba, come avere una bella casa, un bel lavoro, la salute,
tanti amici, essere popolari, l’aperitivo il fine settimana e così via, ma sono
certa che la fortuna sia un’altra cosa. Potrebbe essere, ad esempio, vivere in
un intreccio di persone che sanno cambiare il mondo. Non voglio scrivere il
diario di ciò che ho fatto in questi due giorni durante un workshop in un posto
lontano dal mondo, ma voglio condividere con voi innanzitutto una frase, che ho
sempre portato dentro, da qualche parte per tutto questo tempo e l’altro giorno
come per magia è venuta al mondo, dalle parole di Erica:
“Scrivere è
fare politica”
Intendiamo
il significato “politica” nella sua accezione più pura e così, come una
successione di ricordi, sensazioni e letture, mi sono venuti in mente gli
uomini e le donne, che hanno fatto POLITICA scrivendo, e che per questo amo
profondamente:
Pier Paolo
Pasolini, Proust, Neruda, Sepulveda, Alda Merini, Hugo, Kafka, Umberto Eco, Dostoevskij,
Hannah Arendt, Virginia Wolf, i fratelli Grimm, Thomas Mann, Erri De Luca…
Leggo tutti
questi nomi (e ce ne sono molti altri) e penso che non sarò mai una scrittrice così,
ma sono certa in un preciso momento, io e loro, abbiamo condiviso qualcosa e di
questa cosa sono terribilmente orgogliosa. Scrivo da quando avevo soltanto sette
anni e sapevo scrivere tanto e male, scarabocchiando e riempiendo quaderni e quaderni
di orrori e refusi. Ero incosciente e affamata di storie. C’era questa cosa che
mi costringeva ogni giorno a sedermi alla mia scrivania e prendere una penna in
mano. Avevo il callo dello scrittore sul dito della mano sinistra, ne ero orgogliosa
più di ogni altra cosa. Nasceva in me come una fiamma e scorreva dal cuore al
braccio, dal braccio alla mano, dalla mano alla penna, dalla penna all’inchiostro,
dall’inchiostro al quaderno. E infine esplodeva e dal momento in cui esplodeva
il mondo attorno cambiava. Ecco, è questo ciò che penso mi accomuni a tutti
coloro che hanno amato e amano scrivere.
In questi
giorni ho avuto la fortuna immensa di poter condividere questo stato di grazia
insieme ad altre persone, folli, come me. Una manica di “malati di libri”
trascinati lì dalla voglia di scrivere, di leggere, di condividere, di
raccontare, di esserci, di dare più che di ricevere ed infine di ricevere, con
umiltà, come è giusto che sia.
Ma voi mi
capite quando dico che ho avuto la fortuna di essere circondata da persone
intelligenti? Sì, per me è una fortuna, è così difficile oggi trovare un briciolo
di intelligenza in giro! Mi riferisco alla capacità di voler conoscere il
mondo, non al grado di scuola frequentato e poi, sì, dai, anche a quello ma
soprattutto alla capacità, al desiderio più che altro, di conoscere. Non ho
dovuto faticare per far comprendere la mia diversità e io stessa non ho dovuto
faticare per comprendere le peculiarità di ognuno, ed ho compreso che non
esisto soltanto io e i miei dannatissimi limiti, ma esiste l’altro, che non è
mai così come vorremmo, ma spesso è anche meglio. Non ho mai patito la solitudine,
che invece mi capita di sentire in contesti più famigliari; non ho mai dovuto
chiedere e non ho mai dovuto chiedermi “ma avrò fatto bene a venire qui?” come
invece è capitato di fare in ambienti in cui la disabilità era l’unica cosa in
comune; non ho mai sofferto per i miei limiti, non ho mai pianto per non poter
fare qualcosa (e non è una cosa normale per una persona come me che spesso si ritrova a non poter
fare qualcosa), e di tutto questo stato di grazia e di amicizia e di empatia
ringrazio profondamente le persone che
hanno vissuto insieme a me in questi giorni.
Non è
semplice comprendere “come fare” quando ti trovi di fronte ad una persona
diversa da te e molti per paura preferiscono non avvicinarsi e non è semplice,
in un mondo di stereotipi, comprendere che una persona possa utilizzare un
bastone per ciechi (ed ipovedenti) e contemporaneamente scrivere con un pennarello e leggere.
Non è facile,
ma loro ci sono riusciti. La difficoltà più grande che ho riscontrato durante
la mia esistenza è stata sempre quella della comprensione. Durante la
presentazione, Venerdì, ho spiegato in due minuti, e non di più, tutto ciò che
è importante spiegare quando incontro persone nuove e nessuno ha fatto la
battuta idiota del signor Massimo Giletti quando ho detto che in determinate
situazioni di poca luminosità divento cieca del tutto, così come accade al
tramonto. Il Giletti rise dicendo “Anche io non ci vedo al buio” senza capire
che un conto è il buio un altro la poca luce (come quella dei faretti) con la
quale tutti riescono ad avere percezione delle cose. Sono stati indubbiamente
grandiosi per aver compreso e basta senza farmi mai sentire a disagio o con gli
occhi puntati addosso. Ho visto piuttosto molta solidarietà e di questo ne sarò
sempre grata.
Infine, e
questo messaggio lo rivolgo ai miei “colleghi” di disabilità, ci tengo a
comunicarvi questa mia certezza: spesso vi lamentate perché incontrate persone
che vi trattano male, spesso vi trovate male in contesti in cui siete tra
persone “normali” e anche tra vostri “simili”… mi viene da pensare che forse,
tanto, dipende da voi. Se vi ponete con gentilezza e non con quella presunzione
e quella durezza d’animo che abbiamo spesso noi “disabili” forse le persone
avranno piacere di aiutarvi. Dicendo questo mi rendo conto che si dovrebbe
aprire un altro discorso e non finirei più di scrivere. E’ vero, viviamo in un
mondo in cui è difficile essere diversi e spesso, tante volte, essere autonomi
ed indipendenti a causa di mille barriere, architettoniche e mentali e questo
ci fa molto arrabbiare, giustamente. A volte però ci troviamo in un contesto di
persone che vogliono aiutarci tra mille barriere e difficoltà. E’ come la
storia del fumatore senza accendino di cui parlava Silvia: nessuno è più
socievole di un fumatore senza accendino, così allo stesso modo anche un limite
ed una difficoltà possono essere un punto di partenza per istaurare rapporti di
conoscenza che possono cambiarci la vita. Anche in questo caso ci vuole
intelligenza, sensibilità ed empatia, stavolta da parte “nostra”.
Simona Caruso
Simona Caruso
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