Cuccioli di cane guida in affido, storie d'amore
Che effetto fa prendere un cane sapendo che sarà solo per un
anno? Ce lo spiega Lara Arbo, volontaria per la scuola di cani guida per
ciechi.
FIRENZE. Una storia unica nel suo genere fatta di tanto
amore e volontariato. E' la storia della Scuola nazionale cani guida per ciechi
di Scandicci, in provincia di Firenze, e dei volontari che decidono di prendere
in affido uno dei tanti cuccioli della scuola.
I cuccioli, golden retreiver o labrador, da quando hanno 2
mesi di età lasciano la scuola (e la loro mamma) e vanno a vivere in una
famiglia affidataria per 10 mesi.
Compito delle famiglie è abituare il cucciolo alle
situazioni quotidiane più disparate per contribuire a prepararlo all'importante
compito sociale che lo attenderà al compimento del primo anno di età: diventare
un cane guida per ciechi.
Durante questo periodo alle famiglie viene fornito,
gratuitamente, tutto il necessario per accudire il cagnolino: cibo,
vaccinazioni, visite periodiche, accessori, oltre all’assicurazione per danni
contro terzi, aiuto e consigli di ogni tipo.
La famiglia inoltre frequenta con il cucciolo delle classi
di “socializzazione” realizzate all’interno della scuola. Sono molti i
fiorentini, ma non solo, che decidono di diventare affidatari e vivere questa
fantastica avventura, così come sta facendo da sei anni Lara Arbo che in questi
giorni ha in famiglia il sesto cane che proviene dalla scuola di Scandicci.
“Ce li consegnano a due mesi - racconta Lara – sono
stupendi, delle piccole pallette di pelo”.
Durante l’affidamento la scuola resta un punto di
riferimento?
“Certo, sono sempre tutti molto presenti, ci seguono in
tutto il percorso e sono pronti ad intervenire per qualsiasi necessità”.
Per dieci mesi il cane diventa parte integrante della
famiglia?
“Sì, con noi imparano a socializzare con gli umani e con gli
altri cani. E’ importante, per il compito che andranno a svolgere, che
socializzino il più possibile con le persone e non ne abbiano paura. Imparano a
vivere bene il contesto domestico e la casa. Noi ci occupiamo di seguirli in
questa prima fase che precede poi il vero addestramento che ad un anno di età
vanno a fare alla scuola”.
Arriva l’anno di età e il cane deve lasciare la famiglia. E’
un momento difficile per voi?
“Sarebbe una bugia dire che non lo è. Si sente moltissimo il
distacco perchè per mesi il cane ha visuto con noi, ha condiviso esperienze, lo
abbiamo visto crescere ed imparare. Però, quando vedi il lavoro che vanno a
svolgere, quando vengono affidati ad una persona non vedente e vedi quanto il
cane riesce ad aiutare questa persona in tutte le fasi della sua vita, che il
cane riesce a dare una vita migliore al non vedente, capisci che hai fatto del
bene e sei felice di aver contribuito nell’aiutare una persona in difficoltà”.
Potete rivedere il cane?
“Certo. Si può andare a trovarlo a scuola mentre è in corso
la fase di addestramento. Inoltre, la scuola da l’opportunità a chi lo decide,
di conoscere il non vedente a cui viene affidato il cane. Spesso si crea una
profonda amicizia con il non vedente che ci aggiorna sul cane e possiamo anche
andare a trovarli”.
Questo è il sesto cane che prendi in affido. Come è maturata
in te la decisione di prendere i cuccioli della scuola?
“Volevo fortemente far comprendere alle mie figlie, che
all’arrivo del primo cucciolo erano bambine, l’importanza del concetto di
solidarietà. Per quanto si possa provare ad insegnare con le parole non sempre
è semplice spiegare il vero significato di solidarietà. Così, ho pensato che
adottando un cucciolo, rendendole responsabili, affrontando con loro tutto il
percorso, lasciare il cane ma mostrare loro il lavoro importante che il
cucciolo che hanno cresciuto va a svolgere, conoscendo insieme il non vedente e
quanto il cane gli abbia cambiato la vita in meglio, potesse arrivare loro il
messaggio in maniera più chiara e diretta. Così è stato. Posso dire che
attraverso i cani ho centrato l’obiettivo e sono riuscita a trasmettere
l’importanza della solidarietà alle mie figlie. Per me è importantissimo anche
perché, se al giorno d’oggi nella società non esistesse la solidarietà, avremmo
perso davvero tutto”.
di Elena Casi
Nessun commento:
Posta un commento