giovedì 11 dicembre 2014

cuccioli di cane guida in affido, storie d'amore

Cuccioli di cane guida in affido, storie d'amore

Che effetto fa prendere un cane sapendo che sarà solo per un anno? Ce lo spiega Lara Arbo, volontaria per la scuola di cani guida per ciechi.

FIRENZE. Una storia unica nel suo genere fatta di tanto amore e volontariato. E' la storia della Scuola nazionale cani guida per ciechi di Scandicci, in provincia di Firenze, e dei volontari che decidono di prendere in affido uno dei tanti cuccioli della scuola.
I cuccioli, golden retreiver o labrador, da quando hanno 2 mesi di età lasciano la scuola (e la loro mamma) e vanno a vivere in una famiglia affidataria per 10 mesi.
Compito delle famiglie è abituare il cucciolo alle situazioni quotidiane più disparate per contribuire a prepararlo all'importante compito sociale che lo attenderà al compimento del primo anno di età: diventare un cane guida per ciechi.
Durante questo periodo alle famiglie viene fornito, gratuitamente, tutto il necessario per accudire il cagnolino: cibo, vaccinazioni, visite periodiche, accessori, oltre all’assicurazione per danni contro terzi, aiuto e consigli di ogni tipo.

La famiglia inoltre frequenta con il cucciolo delle classi di “socializzazione” realizzate all’interno della scuola. Sono molti i fiorentini, ma non solo, che decidono di diventare affidatari e vivere questa fantastica avventura, così come sta facendo da sei anni Lara Arbo che in questi giorni ha in famiglia il sesto cane che proviene dalla scuola di Scandicci.
“Ce li consegnano a due mesi - racconta Lara – sono stupendi, delle piccole pallette di pelo”.

Durante l’affidamento la scuola resta un punto di riferimento?
“Certo, sono sempre tutti molto presenti, ci seguono in tutto il percorso e sono pronti ad intervenire per qualsiasi necessità”.

Per dieci mesi il cane diventa parte integrante della famiglia?
“Sì, con noi imparano a socializzare con gli umani e con gli altri cani. E’ importante, per il compito che andranno a svolgere, che socializzino il più possibile con le persone e non ne abbiano paura. Imparano a vivere bene il contesto domestico e la casa. Noi ci occupiamo di seguirli in questa prima fase che precede poi il vero addestramento che ad un anno di età vanno a fare alla scuola”.

Arriva l’anno di età e il cane deve lasciare la famiglia. E’ un momento difficile per voi?
“Sarebbe una bugia dire che non lo è. Si sente moltissimo il distacco perchè per mesi il cane ha visuto con noi, ha condiviso esperienze, lo abbiamo visto crescere ed imparare. Però, quando vedi il lavoro che vanno a svolgere, quando vengono affidati ad una persona non vedente e vedi quanto il cane riesce ad aiutare questa persona in tutte le fasi della sua vita, che il cane riesce a dare una vita migliore al non vedente, capisci che hai fatto del bene e sei felice di aver contribuito nell’aiutare una persona in difficoltà”.

Potete rivedere il cane?
“Certo. Si può andare a trovarlo a scuola mentre è in corso la fase di addestramento. Inoltre, la scuola da l’opportunità a chi lo decide, di conoscere il non vedente a cui viene affidato il cane. Spesso si crea una profonda amicizia con il non vedente che ci aggiorna sul cane e possiamo anche andare a trovarli”.

Questo è il sesto cane che prendi in affido. Come è maturata in te la decisione di prendere i cuccioli della scuola?
“Volevo fortemente far comprendere alle mie figlie, che all’arrivo del primo cucciolo erano bambine, l’importanza del concetto di solidarietà. Per quanto si possa provare ad insegnare con le parole non sempre è semplice spiegare il vero significato di solidarietà. Così, ho pensato che adottando un cucciolo, rendendole responsabili, affrontando con loro tutto il percorso, lasciare il cane ma mostrare loro il lavoro importante che il cucciolo che hanno cresciuto va a svolgere, conoscendo insieme il non vedente e quanto il cane gli abbia cambiato la vita in meglio, potesse arrivare loro il messaggio in maniera più chiara e diretta. Così è stato. Posso dire che attraverso i cani ho centrato l’obiettivo e sono riuscita a trasmettere l’importanza della solidarietà alle mie figlie. Per me è importantissimo anche perché, se al giorno d’oggi nella società non esistesse la solidarietà, avremmo perso davvero tutto”.


di Elena Casi

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