lunedì 2 giugno 2014

SORDOCECITA'

Oggetto: SORDOCECITÀ:
Risoluzione Europea del 2004.
Legge 107/10, una falsa partenza.
Le regioni, una possibile opportunità.



La comunità Europea il 12 aprile del 2004 ha deliberato una risoluzione che riconosce la sordocecità definendo questa minorazione sensoriale “quale disabilità specifica”, invitando gli stati membri a recepirla.
Questa risoluzione evidenzia come la percezione ambientale, la comunicazione, le difficoltà relazionali siano ben diverse e più limitanti di quelle difficoltà che sono proprie delle persone puramente cieche o solamente sorde, così come diversi sono gli strumenti idonei al superamento di questi specifici limiti percettivi, che non sono, beninteso la somma dei limiti dati dalle due minorazioni, ma è una disabilità a sé, diversa e specifica.
Questa risoluzione considera che talune di queste persone sono completamente sorde e cieche, ma che la maggior parte di esse mantiene un uso parziale di uno o di entrambi i sensi.

Il parlamento italiano, con la legge 24 giugno 2010 n° 107 all’articolo 1 stabilisce che “La presente legge e' finalizzata al riconoscimento della  sordocecita' come disabilità specifica unica, sulla base degli indirizzi contenuti nella dichiarazione scritta sui diritti delle persone sordocieche dal Parlamento europeo, del 12 aprile 2004” e si ricollega a quanto già stabilito dalla normativa vigente in merito alla cecità ed alla sordità (art.2 comma 1).
Di fatto, questa legge NON recepisce affatto  la risoluzione Europea, in quanto la normativa vigente in Italia (comma 2, art.1 legge 381 del 26 maggio 1970 e comma 2 art 2 legge 95 del 20 febbraio 2006), stabilisce che “si considera sordo il minorato sensoriale dell’udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva che gli abbia compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da cause di guerra, di lavoro o di servizio”.

Quindi chi perde l’udito dopo l’età evolutiva (oltre i dodici anni), ha imparato a parlare e sebbene non senta, è considerato invalido, ma non è riconosciuto sordo, anche se non sente nulla. Di conseguenza non sono riconosciute sordocieche le persone che pur presentando una importante minorazione visiva, diventano sorde nell’età adulta, tantomeno coloro che sono nate con un minimo residuo uditivo o che lo mantengono.
Evidenziando, fra queste persone, coloro che hanno mantenuto in minima parte la funzione sensoriale uditiva, e sia cieco o cieco parziale oppure ipovedente grave (legge 138/2001), ci troviamo a dover fare i conti con il fatto che queste persone non sono in grado di supportarsi con la lettura labiale, né, nel caso che alcuni di loro, affetti da patologie progressive pur conoscendo la LIS (lingua internazionale dei segni), non riescono più a vedere i movimenti dell’interlocutore. Ebbene, per queste persone inizia il calvario dell’isolamento nella comunicazione e quindi l’esclusione sociale, perché in Italia NON sono considerati sordo ciechi e vien da sé, quindi, che per la grave mancanza legislativa, nei confronti di queste persone NON sono attivate quelle “tutele” che in realtà il corretto riconoscimento della specificità di questa doppia minorazione dovrebbe attivare, oltre alla formazione di personale che abbia una competenza qualificata, anche per la riabilitazione attraverso ausili specifici di nuova tecnologia e la corretta assistenza


Per la comunicazione delle persone sordocieche esistono tre fasce d’intervento:

a)                  Per le persone con sordocecità assoluta (sorde profonde e cieche assolute) per le quali non esiste tecnologia ausiliaria, nate sordocieche assolute, entrano in gioco altri fattori aggiuntivi come la limitazione cognitiva dovuta alla mancanza di stimoli della funzione visiva e della funzione uditiva. Quindi la “abilitazione” è in sostanza un accompagnamento sensoriale molto complesso che può essere eseguito solo da personale sanitario altamente qualificato (figura non prevista a causa del vuoto legislativo).
b)                  Per coloro che diventano sordociechi assoluti dopo l’età evolutiva, esiste la consapevolezza della perdita sensoriale e dell’isolamento nella comunicazione. Per costoro la “riabilitazione” può avvenire, sempre attraverso personale sanitario altamente qualificato, mediante l’acquisizione di particolari sistemi di comunicazione come ad esempio, il linguaggio MALOSSI o similari o la LIS TATTILE (linguaggio internazionale dei segni, fruibile prendendo le mani del sordocieco e trasmesso sulla sua persona). Oppure, per coloro che hanno una perdita uditiva di circa il 70% con discriminazione vocale inferiore al 70%, utilizzando particolari elettrodi impiantabili, che permettono una discreta possibilità di preservare il residuo uditivo e di integrarlo quindi con i vantaggi dell’impianto coclearie.
c)                   Invece, per coloro che, come stabilisce la risoluzione Europea sopraccitata, “mantengono un uso parziale di uno o di entrambi i sensi”, le nuove tecnologie possono rendere una vita sostenibile fino a permettere alla maggior parte di loro anche un’attività lavorativa. Per essere più chiari, se nel rivedere il nomenclatore protesico, che per quanto riguarda le disabilità sensoriali è rimasto tale e quale a quindici anni fa (1999), con la legge 332, s’includessero le nuove tecnologie, che in merito alle protesi acustiche hanno prodotto sistemi più precisi, si è aggiunto al sistema ANALOGICO (che amplifica i suoni) il sistema DIGITALE (che interviene solo su quei suoni che si sentono meno o male, aumentandone la capacità percettiva, portandoli allo stesso livello o al livello più vicino possibile di quelli che si sentono meglio. Non solo, ma per le frequenze che il disabile non sente, la nuova tecnologia è in grado di modificarne la frequenza portandole in un ambito udibile ed equilibrandone la percezione uditiva (recover sound).

Certo per chi non è addentro a queste specificità è difficile comprendere. Cercherò quindi di spiegare con dei grafici.





Risultato possibile nell’utilizzo delle protesi analogiche (quelle che amplificano i suoni)


È evidente guardando il grafico come tutti i suoni vengano amplificati in modo che quelli che meglio si sentono raggiungono potenze che superano la soglia della sofferenza acustica, mentre altri vengono amplificati in modo differente e quelli che non si sentono si continua a non sentirli . Praticamente con l’utilizzo di queste protesi la persona che li utilizza rimane fortemente ipoacusica.

Risultato possibile nell’utilizzo delle protesi digitali





Con l’utilizzo di queste protesi si evidenzia come le frequenze interessate alla minore percezione uditiva sono ottimizzate nella frequenza in base alla potenza del suono (decibel) consentendo così di sentire senza sofferenza alcuna e nel livello vicino alla normalità. Per quanto riguarda i suoni non udibili (in questo grafico quelli collocati nello spazio bleu) ne viene modificata la frequenza portata quindi ad una frequenza udibile dal soggetto (recover sound).


Sarebbe pertanto auspicabile che il legislatore riveda la legge 107/10 adeguandola a quanto stabilito dalla risoluzione della comunità Europea. e nell’attesa, che tutti i consiglieri delle varie regioni si adoperino, a far si che per le persone con la doppia minorazione vista/udito, in situazione di gravità possa essere garantito il diritto alla comunicazione e all’integrazione sociale, riconoscendo la risoluzione Europea e predisponendo un piano di intervento.
Questo è l’impegno che più mi sta a cuore e vorrei introdurlo, se lo volete, tra gli argomenti di lotta contro le ingiustizie nei confronti di chi è più debole.                        


Nessun commento:

Posta un commento