lunedì 25 marzo 2019

FOTOGRAFIA D'ASSALTO


FOTOGRAFIA D’ASSALTO
Simona Caruso
C’è un altro episodio che riguarda la fotografia e me. Questa volta non si tratta di fotografie artistiche, di paesaggi, di momenti di pura serenità. Questa volta si parla di fotografia… D’ASSALTO!
Per quanto la mia vita non sia particolarmente avventurosa ho avuto un paio di situazioni sul filo del pericolo di vita, ma giusto un paio ed ovviamente sono rimaste impresse nella mia mente dettaglio per dettaglio.
Il racconto risale all’epoca in cui vivevo a Catania e frequentavo l’università. Un giorno insieme ad una nuova, giovane e sprovveduta coinquilina andai ad una manifestazione davanti al prefetto. E’ trascorso tanto tempo e adesso non ricordo le motivazioni che ci spingevano a protestare davanti al prefetto, ma ricordo con esattezza che era una bellissima giornata di sole. Arrivai nel luogo della manifestazione molto in anticipo, come accade sempre, per poter studiare bene il territorio. Con il trascorrere delle ore aumentavano gli studenti, gruppetti di ragazzi e ragazze coloratissime che battevano sui bonghi, altri reggevano composti degli striscioni. In breve tempo la folla aumentò, il rappresentante degli studenti parlò attraverso un megafono, una delegazione salì su e scese un po’ scocciata perché il prefetto non c’era. Qualcuno o perché era arrabbiato o perché era ubriaco lancia una bottiglia verso il palazzo del prefetto e lì inizia il caos. Ora, avendo io questa fotocamera non potevo spostarmi e mettermi in salvo da un probabile pestaggio in cui, per la regola della selezione naturale i più deboli soccombono. No!! Dovevo assolutamente cercare di testimoniare l’evento, e fotografarlo. Poi avevo anche avuto l’idea di fotografare gran parte della folla mettendomi in un punto alto. Purtroppo madre natura non mi ha dato il dono dell’altezza. Scelgo un gradino sul palazzo del prefetto. Ma nonostante il gradino resto sempre bassa. Così casualmente mi volto e alla mia destra scorgo un ragazzo alto alto. Certo doveva essere già alto di suo ma sul gradino lo era ancor di più. Senza tante presentazioni gli chiedo se può farmi la cortesia di fotografare la folla che nel frattempo si era riordinata ed era passato il momento di agitazione. Il ragazzo alto alto di cui non vedevo bene la faccia mi sembra un po’ diffidente e con molta prudenza prende la mia fotocamera e senza dire una parola scatta qualche foto. Poi, sempre silenziosamente mi porge la fotocamera. Me ne accorgo perché per evitare di non vedere il momento in cui mi restituisce la fotocamera non la perdo mai di vista (perdendo però di vista tutto il resto). Riprendo la fotocamera e lo ringrazio augurandogli una buona giornata. Quando mi volto a sinistra per cercare di capire dove fosse finita la mia giovane coinquilina, la vedo, e soprattutto sento il suo profumo, accanto a me piegata in due per le risate
“Hai appena chiesto ad un poliziotto con il casco di fare delle foto per te dopo una rissa…”
Sì, lo avevo fatto. E chi l’aveva visto il casco? Mi è andata bene, e d’altra parte, come si fa a non fidarsi di una faccia come la mia? Se consideriamo le volte in cui ho detto di essere della stampa e sono stata creduta… beh in un’altra puntata vi spiegherò la magia della fotocamera in un soggetto con visione tubolare

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