FOTOGRAFIA D’ASSALTO
Simona Caruso
C’è un altro episodio che riguarda la fotografia e me. Questa
volta non si tratta di fotografie artistiche, di paesaggi, di momenti di pura
serenità. Questa volta si parla di fotografia… D’ASSALTO!
Per quanto la mia vita non sia particolarmente
avventurosa ho avuto un paio di situazioni sul filo del pericolo di vita, ma
giusto un paio ed ovviamente sono rimaste impresse nella mia mente dettaglio
per dettaglio.
Il racconto risale all’epoca in cui vivevo a Catania e
frequentavo l’università. Un giorno insieme ad una nuova, giovane e sprovveduta
coinquilina andai ad una manifestazione davanti al prefetto. E’ trascorso tanto
tempo e adesso non ricordo le motivazioni che ci spingevano a protestare
davanti al prefetto, ma ricordo con esattezza che era una bellissima giornata
di sole. Arrivai nel luogo della manifestazione molto in anticipo, come accade
sempre, per poter studiare bene il territorio. Con il trascorrere delle ore
aumentavano gli studenti, gruppetti di ragazzi e ragazze coloratissime che
battevano sui bonghi, altri reggevano composti degli striscioni. In breve tempo
la folla aumentò, il rappresentante degli studenti parlò attraverso un megafono,
una delegazione salì su e scese un po’ scocciata perché il prefetto non c’era. Qualcuno
o perché era arrabbiato o perché era ubriaco lancia una bottiglia verso il
palazzo del prefetto e lì inizia il caos. Ora, avendo io questa fotocamera non
potevo spostarmi e mettermi in salvo da un probabile pestaggio in cui, per la
regola della selezione naturale i più deboli soccombono. No!! Dovevo assolutamente
cercare di testimoniare l’evento, e fotografarlo. Poi avevo anche avuto l’idea
di fotografare gran parte della folla mettendomi in un punto alto. Purtroppo madre
natura non mi ha dato il dono dell’altezza. Scelgo un gradino sul palazzo del
prefetto. Ma nonostante il gradino resto sempre bassa. Così casualmente mi volto
e alla mia destra scorgo un ragazzo alto alto. Certo doveva essere già alto di
suo ma sul gradino lo era ancor di più. Senza tante presentazioni gli chiedo se
può farmi la cortesia di fotografare la folla che nel frattempo si era
riordinata ed era passato il momento di agitazione. Il ragazzo alto alto di cui
non vedevo bene la faccia mi sembra un po’ diffidente e con molta prudenza
prende la mia fotocamera e senza dire una parola scatta qualche foto. Poi,
sempre silenziosamente mi porge la fotocamera. Me ne accorgo perché per evitare
di non vedere il momento in cui mi restituisce la fotocamera non la perdo mai
di vista (perdendo però di vista tutto il resto). Riprendo la fotocamera e lo
ringrazio augurandogli una buona giornata. Quando mi volto a sinistra per
cercare di capire dove fosse finita la mia giovane coinquilina, la vedo, e
soprattutto sento il suo profumo, accanto a me piegata in due per le risate
“Hai appena chiesto ad un poliziotto con il casco di
fare delle foto per te dopo una rissa…”
Sì, lo avevo fatto. E chi l’aveva visto il casco? Mi è
andata bene, e d’altra parte, come si fa a non fidarsi di una faccia come la
mia? Se consideriamo le volte in cui ho detto di essere della stampa e sono
stata creduta… beh in un’altra puntata vi spiegherò la magia della fotocamera
in un soggetto con visione tubolare
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