Un pesce d'aprile che inizia con la A
Sto pensando che, è brutto dirlo, data la situazione, ma sono contenta che questo primo di aprile lo trascorreremo in casa. Non siamo costretti ad andare a scuola e far finta che ci piacciono gli scherzi del primo d'aprile. Hanno tentato in tutti i modi di farci comprendere che gli scherzi li dovevamo proprio comprendere, che con il tempo li avremmo compresi. Ci dicevano "ma a casa vostra non scherzate mai?", che è un modo sottile (nemmeno troppo) di farci sentire in colpa. Il fatto è che gli scherzi lei proprio non li capisce. Non solo non li capisce ma la fanno sentire a disagio, triste, arrabbiata. So che voi non riuscite a capirlo e che pensate che si tratti solo di un capriccio, solo perché è viziata oppure perché è suscettibile. Ma lei è così. In questi mesi proiettata in questo nuovo mondo, ho compreso tante cose persino sulla mia disabilità visiva. In che senso? Mi direte voi. Beh, prima di avere una diagnosi sembrava cosa fondamentale l'omologazione di mia figlia al resto della società. Per insegnanti psicologi e quant'altro lo scopo principale sembrava essere quello di camminare al pari con gli altri. Se tutti fanno così lo devi fare anche tu. Questo le dicevano. Così come esistono molti modi di vedere e non vedere, esistono molti modi di essere. Così come vi è difficile comprendere la mia disabilità visiva vi è incomprensibile accettare il fatto che una persona che non è muta, non è ritardata e capisce la storia così come la capisci anche tu, possa essere autistica. E così il mondo dei parenti, degli amici, il mondo che ci circonda, si divide tra negazionisti, complottisti e tragico moralisti. La verità è che la diagnosi di mia figlia io l'ho conosciuta da sempre e ho sempre pensato al di là del nome e di un'etichetta che la sua più grande sofferenza era quella di non essere compresa. La sentivo come un'estranea a questo mondo. Lei non riusciva a comprendere molti meccanismi di relazione e parallelemente gli altri non riuscivano a comprendere lei. Adesso camminiamo con più consapevolezza verso la strada dell'autostima, della comprensione e soprattutto della felicità. Al di là del nome che si voglia dare: autismo, Asperger, adhd... Io credo molto più semplicemente che le persone debbano essere comprese e rispettate sempre per quello che sono. C'è una frase molto bella che voglio condividere con voi, pronunciata da una delle professoresse straordinarie di mia figlia: se un alunno ha bisogno di aiuto, io lo aiuto a prescindere dalla diagnosi. Il concetto molto semplice è questo: posso provare a farti comprendere quanto siano divertenti gli scherzi, ma se alla fine a te non divertono e se dopo tanto tempo non riesci a comprenderli devo accettarlo e basta semmai posso aiutarti ad attuare tecniche di sopravvivenza di fronte ad uno scherzo. Insomma alla fine se c'è una cosa che ho compreso in tutti questi anni molto in salita della mia vita, è che tutti possiamo imparare gli uni dagli altri con un unico scopo imprescindibile: ESISTERE